Michele Mari |
Io venìa pien d'angoscia a rimirarti |
finalista 1990 |
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Einaudi, 2016 |
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Recanati, 1813. In un austero palazzo nobiliare, il giovane Orazio Carlo tiene un diario nel quale riporta le parole e le azioni del fratello maggiore, Tardegardo Giacomo. Ad attirare l'attenzione del ragazzo è il comportamento misterioso di Tardegardo, che si diletta di poesia e ha tranquille abitudini da erudito, ma è anche roso da una sconvolgente irrequietezza. Nel frattempo, in paese, alcuni episodi cruenti turbano la serenità degli abitanti. Si alternano così la rivisitazione della vita e delle opere di un giovane poeta e gli elementi di un romanzo nero, come delitti efferati, coincidenze lunari e antiche vicende di sangue. Riprendendo i modi della prosa italiana dell'Ottocento, il romanzo è l'esecuzione musicale di un apocrifo leopardiano, ed è al contempo un'originale variazione sul tema del doppio. «Un apologo misurato ed elegante, - ha scritto Lorenzo Mondo, - sulla faccia notturna della vita, sulle pulsioni selvagge che ricollegano l'uomo al tempo delle origini». «Michele Mari è un "caso" letterario unico: me lo conferma questo singolarissimo capriccio - penso al valore musicale ma anche passionale di questa parola». Giorgio Manganelli |
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Michele Mari - Io venìa pien d'angoscia a rimirarti
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