Rolly Marchi - Ride la luna



Rolly Marchi

Ride la luna

finalista 1979

Mursia, 1979

 

Non per caso il titolo s'ispira alle prime parole di un noto canto alpino. La vera protagonista del romanzo è una città, Trento, strettamente legata alle valli e alle montagne circostanti e che forma, con esse, una specie di «enclave». In una narrazione condotta sul filo della memoria, l'A. compie il salvataggio di un piccolo-grande mondo che altrimenti sarebbe svanito nel nulla per sempre. In questa trepida saga, vicende e personaggi esistiti davvero si affiancano ad altri immaginari, il passato recente si compone in unità con l'oggi. La luna ride chiara non solo «sora Castel Toblin» o sui merli del Castello del Buon Consiglio o su Bondone e Paganella, ma anche sulle gioie e sugli affanni, sulle ambizioni e sulle vanità. Ride senza scherno, tutt'al più con un'ombra di affettuosa ironia dettata dalla saggezza, perché appunto in questa incerta condizione fra provvisorio e irrimediabile si rivela il senso e la nobiltà dell'esistere. L'A., conducendo la sua ricerca dell'identità perduta, compie un gesto d'amore civile, ancor prima che civico, che è l'ultima spiaggia del coraggio di vivere. Romanzo, ma al limite dell'autobiografia e della cronaca, quest'opera manifesta anche un altro coraggio: quello di «raccontare», in modo diretto, con schiettezza, senza alibi stilistici o pregiudiziali ideologiche. In questo senso, si potrebbe parlare di un romanzo controcorrente; ma si farebbe forse un torto all'A. Egli aveva semplicemente qualcosa da dire, e l'ha detta. La vicenda si concentra in due «ritorni» — quello momentaneo di un giovane al tempo della Liberazione e quello del definitivo ritorno «a casa», dopo un arco quasi trentennale di esistenza attiva, che corrisponde, per l’Italia, al tempo della ricostruzione e della febbre di prosperità. La narrazione costituisce dunque un consuntivo e, al tempo stesso, una testimonianza, che, di fronte alle incognite del domani, sa legittimare un atto di fiducia e di accettazione.

 

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