Cesare Viviani - Preghiera del nome


Cesare Viviani

Preghiera del nome

Vincitore poesia 1990

Mondadori, 1990

 

Il percorso poetico di Cesare Viviani è tra i più ricchi e complessi dell’ultimo trentennio, consistendo di quattordici raccolte poetiche pubblicate tra il 1972 e il 2009. Ciò che più caratterizza lo stile poetico del primo Viviani è un marcato sperimentalismo del linguaggio, spesso – e, a dire dello stesso poeta, a torto – apparentato alla corrente della Neoavanguardia italiana degli anni ’70. Ma, lungi dall’essere una posizione teorica voluta e progettuale, lo sperimentalismo linguistico di Viviani rappresenta piuttosto un metodo che il poeta adotta quasi inconsapevolmente al fine di “rendere percepibile l’irrapresentabile” ed incarna il suo personalissimo rapporto con la parola, verso cui il poeta nutre profonda “fiducia” e “profonda ammirazione negli aspetti per i quali la parola si sottrae alla cattura, all’uso, ai significati, alla significazione e diventa un corpo con cui parlare, con cui stare, per cui si esalta la fisicità e si elimina o quasi tutta la parte più retorica e più abusata e in qualche modo essa diventa un segno, un simbolo di qualcosa che non si lascia tradurre nel significato.” Il percorso umano di Viviani, caratterizzato da una forte consapevolezza della finitudine e limitatezza umane ed un’altrettanto forte tensione verso l’assoluto, si è tradotto in un atteggiamento poetico di “ribellione totale nei confronti degli istituti linguistici e letterari per fare una specie di grado zero, per ricominciare da capo a ricostruire con i pezzi delle parole, della grammatica e della sintassi un linguaggio”2 proprio, in grado di giungere alla nudità dell’essere umano, passando per la decostruzione lessicale e una sintassi onirica. La poesia di Cesare Viviani, però, resta, per il poeta e per il lettore, un tentativo di avvicinamento attraverso il linguaggio all’irrapresentabile, mancando di offrire alcuna occasione consolatoria. Viviani, infatti, è pienamente consapevole della “palese impossibilità di andare oltre l’accettazione del vuoto” e ciò che potrebbe essere scambiato per freddezza o mancanza di phatos dei suoi componimenti altro non è che sincera accettazione della finitudine umana priva di qualsiasi forma di patetismo o rassegnazione.

 


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