Rosellina Balbi - Madre Paura


Rosellina Balbi

Madre Paura

Quell'istinto antichissimo che domina la vita e percorre la storia

Vincitore saggistica 1985

Mondadori, 1984

 

ESITO sempre se devo fare della psicoanalisi da etologo, o se preferite, che è lo stesso, un po' selvaggia, perchè non sono mai stato convinto di un nesso causale tra biografia e scrittura, o della importanza delle motivazioni, conscie o inconscie, che stanno a monte dei libri. Ma il fantasma, la gorgone, che Rosellina Balbi evoca nella sua opera recente, (Madre Paura, Mondadori, pagg. 180, lire 15.000) porta con sè, salendo dal profondo, una tale costellazione di turbamenti, e di rimandi di lettura, da farmi tralignare, e da costringermi a investigare il "perchè". Perchè Rosellina Balbi ha scritto queste centottanta pagine, lucide e disincantate, sull' emozione più sgradevole che possa assediare, ed espugnare, un essere umano? Se si scrive nella gioia, si può scrivere, nella gioia, dell' affanno? Penso che due siano state le ragioni della sua scelta, e le useremo entrambe per attraversare da una parte all' altra il libro, e speriamo bene di restare incolumi. Tre anni fa, primo innesco di quell' interesse per i fatti della mente che attualmente sta dilagando, comparve "in vetrina" un saggio della Balbi, scritto a quattro mani con il fratello Renato, neurologo professionista, che aveva per titolo Lungo viaggio al centro del cervello (Laterza - uscirà nei prossimi mesi l' edizione economica Oscar-Mondadori n.d.r.). Lo recensii, sulle pagine di un quotidiano, scrivendo cose che trovo qui, con soddisfazione, confermate. Il "viaggio" di Renato e Rosellina Balbi era un cospicuo tentativo di fare un po' di archeologia della mente, un percorso "à rebours" verso non solo la preistoria umana, ma addirittura gli antefatti biologici del pensiero. Scrissi, in quella occasione, che il libro mi ricordava Ernst Haeckel, il grande evoluzionista tedesco, e la sua idea, estasi e tormento degli embriologi, che ogni uomo, nel ventre materno, riviva le traversie delle sue origini animali, e del suo periglioso divenire. Gli autori affermavano, in parole povere, che siamo tutti "prigionieri del passato", e suggerivano che ignorare le proprie catene biologiche genera l' illusione, ma non certo l' avvento, di una liberazione possibile. Mi sono immaginato, allora, pensando per miti, che Rosellina Balbi, scendendo al centro del labirinto del cervello, abbia incontrato, al posto del Minotauro, un fantasma ben più arcaico e terribile, una creatura fantasticante e speculante, la Paura, quel dio-che-sta-sopra-gli-dei, di cui l' uomo è a un tempo la vittima e il complice. Il suo libro precedente l' ha addestrata, io credo, a non aver paura della paura, e neppure delle parole. Per esempio, la Balbi non esita a definire questa emozione un istinto, ben sapendo che una falange agguerrita di filosofi aborre il ricorso all' innato, e si scaglia contro ogni confusione, secondo loro!, e collusione, tra natura e cultura. Ma si torni a parlare dell' istinto, che diamine! Ci sono parole ben più compromesse e pericolanti semanticamente, tipo classe, società, storia. Senza la nozione di istinto come spiegare il comportamento di quel tacchino, cita la Balbi, osservato dal fisiologo ottocentesco Angelo Mosso? Al grido di un falco, il volatile, in possesso di una conoscenza infusa dato che mai si era incontrato dalla nascita con il rapace, era fuggito terrorizzato, per rifugiarsi in un angolo, standosene buono buono al sicuro. Osservazioni equivoche e fraintese? Neanche per sogno! Il fenomeno è stato in seguito confermato pienamente dagli etologi. Prendete uno zimbello di falco, in altre parole una sorta di crocera per vestiti, con due bracci laterali appiattiti, le ali, e una assicella centrale allungata, il corpo. Fate scorrere questo oggetto fantasmatico sopra il capo di alcuni pulcini freschi di schiusa, e quindi inesperti delle cose del mondo, e li vedrete fuggire spaventati. Hanno riconosciuto un nemico sconosciuto; come si diceva una volta, senza vergogna: per istinto. Tra l' altro, l' agnizione su basi biologiche avviene solo se il movimento della sagoma-falco è naturale, se è fatta, cioè, scorrere con le "ali davanti". Altrimenti la paura non si manifesta: anche i falchi che abitano la memoria ancestrale dei pulcini non possono, gamberi alati, volare a ritroso. Oppure, è stato osservato, facendo muovere la sagoma all' incontrario, la percezione muta e l' assicella-finto-corpo, evoca non più di un falco, ma un' anatra dal lungo collo, animale che il pulcino conosce come innocuo. Si vede bene che l' etologo nostro contemporaneo non ha solo confermato quanto sosteneva Angelo Mosso: ha reso la faccenda più problematica e complicata. Ma sarebbe travisare il libro suggerire che si tratti di una storia biologica della paura. Il "lungo viaggio" di Madre Paura passa attraverso i tacchini, ma ha "nel mirino" gli uomini. Entra in gioco, a questo punto, la tiro fuori come il prestigiatore il coniglio dal suo cilindro, la seconda motivazione della scrivente, e varchiamo così i confini tra la paura fisiologica e il suo entroterra culturale. Da sempre, ci ricorda la Balbi, questa emozione umiliante e utile è stata ritenuta appannaggio legittimo della donna. L' uomo, povero lui, non può aver paura, pena la degradazione a "sesso debole". Che fatica, però, fare gli eroi! I ragazzi vigliacchi vengono bollati con una sola parola: "femminuccia!". State pure sicuri che i soldati di tutte le guerre che sono impalliditi, e hanno tremato sulla linea del fuoco, un qualche sergente, o capitano, li ha esortati a comportarsi come "uomini", quindi, implicitamente, non come donne. Rosellina Balbi aveva, dunque, un conto personale da saldare con la paura. Ne ha fatto l' eminenza grigia della storia, un fenomeno ecumenico, non affare di ormoni, ma se mai di passioni. I rapporti tra la paura e il potere costituiscono la parte più compatta ed entusiasmante del libro. L' animale, quando ha paura, fugge, si immobilizza o, al limite, ingaggia un combattimento disperato. Le tre decisioni presentano svantaggi e vantaggi: il predatore può correre più forte, ma in tanti casi no; oppure aggredisce solo "qualcosa che si muove" e l' immobiiità si traduce, per la vittima, in una totale "invisibilità". Inoltre, spesso chi viene posto in stato di emergenza trova risorse di energia insospettabili, e ho visto talora dei gatti battersela di fronte a un grosso ratto spinto in un angolo: fighting like a cornered rat, come ricorda Lorenz citando questa espressione inglese. Ogni regime totalitario, ci ricorda la Balbi, si fonda sulla conoscenza e sulla gestione di queste tre risposte fondamentali, quindi anche umane, alla paura. In principio, contro i suoi avversari, il potere in ascesa impiega la strategia uno, del genere ghigliottina e pistola-alla-nuca, ricatto e tortura, facendo cessare ogni resistenza reale, e inducendo gli "irriducibili" alla fuga, quindi all' esilio. Conquistato il palazzo, per consolidare le posizioni raggiunte, si passa alla strategia due, o soffice, che comporta un effetto medusa. Sostanzialmente la paura bruta deve venir dosata, dissimulata, mascherata, se no potrebbero aversi risposte del tipo "ratto nell' angolo". Bisogna generalizzare la paura senza renderla intollerabile. Per esempio, si distrugge il nesso tra colpa e punizione, creando una condizione psicologica simile a quella descritta da Franz Kafka nel suo romanzo Il processo o da Bertolt Brecht nel suo dramma Terrore e miseria del Terzo Reich. In un mondo dove si può essere arrestati senza "ragione" si comincia a vivere nella paura del possibile, perdendo i contatti con la realtà, e precipitando nell' angoscia inoperosa del nevrotico. Si consideri, al riguardo, l' affare desaparecidos. Non si tratta solo di una faccenda di brutalità poliziesca, e di una radicale semplificazione dell' assassinio politico. Si vuole ottenere un effetto medusa sui familiari. Lo "scomparso" si muta, difatti, per i suoi cari, in un fantasma insieme vivente e non-vivente, che alimenta il dolore e la speranza, e che brucia, nella ricerca, il desiderio e la volontà di vendetta. I morti senza tomba si rarefanno e diventano incredibili... Il libro della Balbi, questa convinzione ci folgora alla fine, è una sottile, e pedagogica rivalutazione della paura. Cosa che, d' altra parte, suggeriva il titolo. In un mondo come il nostro, insidiato da tirannie psicologiche e tecnologiche, bisogna che ognuno rivendichi il proprio diritto allo spavento. E diffidi dei falsi profeti, che vogliono rassicurarlo, che gli mormorano, suadenti, che "tutto va bene". Ci preparano, certo, in un laboratorio, o in una base militare, nuovi mostri molecolari e nuovi killer nucleari. Ho visto il film The day after in un giorno di pioggia. Tre ragazzi, nella fila di poltrone dietro, quando sullo schermo sono cominciate a cadere le bombe H sono scoppiati, di concerto, a ridere. Madre Paura, aiutaci tu!

 


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