«Mi chiamo Vince Corso. Ho quarantacinque anni, sono orfano e per campare prescrivo libri alla gente». Insegnante precario e lettore come pochi, si è inventato un nuovo lavoro, quello di biblioterapeuta; ha casa e ufficio in via Merulana, un monolocale con soppalco e angolo cottura più da studente fuorisede che da medico delle anime, dove accoglie le sue pazienti - sì, sono donne in prevalenza. Vince le ascolta e poi trova per loro il libro adatto, le pagine che possono lenire, la letteratura insomma come medicina dell’anima e, perché no?, anche del corpo. A rivolgersi al suo pronto soccorso letterario un giorno arriva Giovanna; il fratellastro Fabrizio, sinologo, collezionista di libri, esperto di lingue e di molto altro, ha smarrito il senno e ricoverato in una casa di riposo per malati di Alzheimer ripete ossessivamente poche e smozzicate frasi, sempre le stesse. La donna è convinta di un possibile miglioramento del fratello se solo potesse ritrovare il libro da cui quelle parole sono tratte: sembra proprio il terreno in cui Vince Corso si trova più a suo agio. Così accetta la sfida e visita la biblioteca del professore, ma si trova ben presto a indossare i panni dell’investigatore, a svelare l’enigma che si cela dietro quel labirinto di volumi, una autentica biblioteca di Babele. Un libro sulla memoria, sull’importanza del ricordo, sulla lettura come terapia.
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