La calda notte dell'ispettore Tibbs è oggi molto di più del poliziesco ben riuscito che era alla sua uscita nel 1965 (vincitore, ad attestarne il valore letterario, del massimo riconoscimento del Premio Edgar Allan Poe). È diventanto il giallo kennediano per eccellenza, il poliziesco che coltiva la speranza dell'integrazione razziale ed esprime la apparentemente naturale avversione liberal verso l'apartheid. Virgil Tibbs è un ispettore di polizia californiano finito per caso in una paesino della Carolina, proprio nel giorno in cui è stato commesso un delitto eccellente. A Wells, questo il nome del paese, vige il più rigido e insensato segregazionismo contro i «negri», la paranoia della contaminazione è tale per cui basta una goccia di «sangue nero» in una persona per vietargli lo sgabello del bancone al bar, il posto seduto sull'autobus, o una stanza dell'hotel in città. Ed è quindi offensivo e paradossale per l'intera comunità che proprio lui venga imposto allo sceriffo locale in quanto esperto di scienza investigativa. Inoltre Tibbs guadagna bene, è ben vestito, è molto più colto dei paesani bianchi: insomma una provocazione per l'ordine della gerarchia razziale, perché ne contraddice il concetto stesso di inferiorità naturale: è un «negro» che potrebbe essere un «bianco». Sicché il racconto segue due piani. Quello dell'inchiesta fortemente innovativa e anticipatrice del giallo scientifico, che mostra i metodi da anatomopatologo a lettori che, all'epoca, non avevano idea dello studio della scena del crimine. E quello di dramma psicologico del rapporto, tra Tibbs e gli altri investigatori, che parte dall'odio razziale e giunge all'accettazione della persona grazie ai suoi meriti. È il piano dell'ottimismo progressista per cui questo racconto divenne un film celebre e per cui la figura elegante di Sidney Poitier scolpì l'ispettore Tibbs nella memoria per sempre. E oggi, che quell'ottimismo anni Sessanta è come i personaggi e gli attori, poco più che una bella memoria, questo giallo diventa come un ripasso di storia: a ricordarci come la più grande democrazia, la casa stessa della nostra democrazia, fosse fino a ieri un paese ordinariamente razzista.
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