MFK Fisher - Come cucinare il lupo


 

 

MFK Fishe

Come cucinare il lupo

How to Cook a Wolf, 1942

 

    

Neri Pozza, 2014

 

Nel 1942 Mary Frances Kennedy Fisher dà alle stampe Come cucinare il lupo, un ricettario per sopravvivere degnamente in tempi di razionamento del gas e di sparizione di prelibatezze, quali bistecche di manzo, bourbon, zucchero a velo e altri ingredienti essenziali alla buona cucina; ricettario che nelle sue intenzioni non voleva essere altro che un «libretto bizzarro sul modo migliore di convivere con la tessera annonaria, l’oscuramento e le altre miserie della Seconda guerra mondiale». Nel giro di un decennio, con il conflitto consegnato ai libri di storia, il «libretto» diventa uno «stravagante» libro di culto e, negli anni successivi, una delle opere fondamentali della letteratura americana del dopoguerra, al punto tale che la prestigiosa rivista Time lo inserirà tra i cento migliori libri di non-fiction di sempre. In questo singolare volume il cibo, naturalmente, è soltanto l’ingrediente principale con cui viene approntata un sfrontata, ironica, giocosa e, si direbbe oggi, «politicamente scorretta» apologia degli appetiti. M.F.K. Fisher non esita a far ricorso a massime di umoristi come A.P. Herbert («A quanto mi risulta, gli astemi muoiono come tutti gli altri. E dunque a cosa serve eliminare la birra?») per consigliare, in un’epoca in cui whisky, vodka e gin sono un pallido ricordo del passato, una ricetta – proveniente da Tbilisi, capitale della Georgia, tramite una crocerossina dell’Ohio! – buona per fabbricarsi, dopo opportuna visita dal droghiere, una bevanda «micidiale in grado persino di allettare». Non si sottrae dall’indicare i farmaci culinari giusti alla vasta schiera di incalliti bevitori del suo tempo ( il gazpacho… «uno dei rimedi migliori se la sera prima vi siete presi una sbornia solenne») né di prendersi gioco di diete equilibrate e altre «tristi filastrocche» («Se mettessimo ostriche o caviale prima della minestra, filetto alla griglia con pâté de foie gras invece delle uova, zuc­chini e spinaci al posto dei classici piselli e carote, e una com­pote de fruits in luogo delle prugne cotte, avremmo lo stesso un pasto meravigliosamente equilibrato!»). Il risultato è un’opera degna di una vera «poetessa degli appetiti» (John Updike), un libro prezioso in cui una delle più grandi scrittrici americane invita a godere della vita, senza badare più del dovuto a scarsità e mancanza.

 

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