W.R. Burnett - Giungla d'asfalto


 

 

W.R. Burnett

Giungla d'asfalto

The Asphalt Jungle

 

Mondadori, 1975

 

Dopo questo libro, e dopo il film capolavoro che ne ricavò John Houston, l'immagine «giungla d'asfalto» è entrata nel linguaggio di tutti i giorni: il misto di ansia e disperazione prodotto dell'homo homini lupus delle metropoli convulse. E ansia e disperazione dominano questo noir classico. Riescono a filtrare, pur dal modo antisentimentale con cui il racconto intende presentare un caso di vita autentica criminale, pur dalla cupa obiettività che fanno di Giungla d’asfalto il prototipo di diritto dei romanzi criminali a base sociologica, per i quali il delitto è il risultato inevitabile di condizioni di vita miserabili o disgregate. Il racconto è di un colpo grosso, studiato da un cervello criminale. Il famoso ultimo sgobbo che sistemerà per tutta la vita la banda di gangster raccogliticci, malfidi e malfidati. I loro ritratti restano nella memoria: herr Doktor il genio ideatore, gelido come una macchina e con qualcosa di repellente; l’avvocato finanziatore, potente uomo di mondo e malfattore occulto, inseguito dal fantasma della morte. E poi gli esecutori, ognuno con la sua definita umanità: Louis, l'irreprensibile meccanico di giorno, con la sua famigliola italiana per cui è disposto a tutto; Dix, il giocatore, «di quelli capaci di uccidere», che sogna di poter ritornare alla sua terra; Doll, la sua donna, appassita nella disillusione e disperatamente fedele; Gus, il barman gobbo, che ha in Dix il solo amico e il solo affetto. Nella giungla d'asfalto sono attesi dall'inesorabile destino che denuderà quel fondo di brutale innocenza preservatosi nella lotta per la sopravvivenza.

 

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