André Breton - Nadja


 

 

 

André Breton

Nadja

1928

 

Einaudi, 2007

 

Nadja è una donna realmente esistita, realmente conosciuta da Breton e, come il personaggio del libro, finita in una clinica psichiatrica. Nadja è l’autorappresentazione femminile di Breton. Nadja è l’incarnazione del surrealismo. Nadja è tutto questo e molto altro ancora: è l’inizio della parola speranza in russo, è un sogno d’amore e di libertà. Soprattutto Nadja è il capolavoro di Breton. La casualità degli avvenimenti, santificata dalle precedenti pratiche di scrittura automatica, è qui esplorata in modi più sottili, ambigui e profondi, in un percorso che si insinua tra le pieghe della psiche e della realtà visibile, cercandovi connessioni sotterranee. Nadja è l’opera di Breton in cui maggiormente la forza della scrittura (e delle immagini) diventa un meccanismo efficace, evocativo, coinvolgente, e supera di gran lunga gli intenti teorici. In Nadja Breton non ha inventato niente di niente. Il nome della protagonista, le sue lettere e i suoi disegni, la sequenza dei fatti, i luoghi, le letture, le conversazioni, le frasi che non andranno via dalla memoria, le comparsate degli amici e i loro libri e quadri, i film e gli spettacoli in cartellone a Parigi, le insegne degli alberghi, le installazioni della pubblicità: tutto è preso dal vero, dalla cosiddetta e detestata realtà – e tutto è sconvolto, da cima a fondo, per l’intervento di una figura di donna che è la negazione stessa del principio di realtà. Una volta Breton aveva parlato di personaggi-tentazione; e ora ne incontra un esemplare tangibile e inafferrabile, che si può unicamente seguire passo passo e descrivere momento dopo momento, e che mette in scacco la logica come l’invenzione. Nadja è una persona vera e insieme il presentimento di un mondo che si spinge oltre. (Dalla prefazione di Domenico Scarpa)

 

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