Juan Rulfo - Pedro Páramo


 

 

 

Juan Rulfo

Pedro Páramo

1955

 

Einaudi, 2004

 

Juan Preciado promette alla madre che sta morendo di tornare a Comala, a cercare il padre che non ha mai conosciuto e il cui profilo si tinge subito di violenza e di raggelante lontananza. Appena arrivato nei pressi del paese, incontra uno sconosciuto che, prima di scomparire, gli dice che in paese non vive nessuno e che Pedro Páramo è morto da molti anni. Ciò nonostante, come se fra le parole e l’esperienza ci fosse uno strano disguido, un’impalpabile ma protratta slogatura, Juan Preciado entra a Comala, ne incontra gli abitanti, ne ascolta le molte storie. Quella della morte di Miguel Páramo che cade da cavallo, unico figlio riconosciuto di Pedro ed erede innocente della sua sola hybris di rapina sessuale; quella del padre Renterìa, l’impotente di Dio, che non può né ricevere né dare l’assoluzione perché è stato travolto dalla sragione che doveva combattere; quella del delirio opaco e interminabile di Susana San Juan, l’unica donna verso cui Pedro Páramo provi una passione muta e ossessiva.Sono tutte storie con naufragio. Le storie, i personaggi, perfino le cose arrivano a Juan Preciado attraverso un ininterrotto svanire. L’unica cosa di vivo sembra, fino a un certo punto, proprio il racconto di Juan Preciado che percepisce il coro di quelle voci senza suono. Ma poi è Juan Preciado stesso ad annunciare la propria fine e a diventare da quel momento in poi solo un mormorio fra gli altri. Nessuno come Rulfo ha saputo rendere la compresenza di passato e presente, a raccontare il tempo come eterno e circolare, in cui tutto ciò che sta succedendo è già successo, in cui la vita e la morte si intrecciano di continuo. I cicli vitali, il volgersi delle stagioni, il destino dell’uomo trovano in Rulfo un cantore eccezionale, non a caso venerato, e in parte ripreso, da tutti gli scrittori sudamericani dell’ultimo mezzo secolo. In uno dei suoi ricordi Gabriel Garcìa Marquez racconta questo aneddoto: «Álvaro Mutis salì a grandi falcate i sette piani di casa mia con un pacco di libri, separò dal mucchio il più piccolo e mi disse ridendo forte: “Leggi questa sciocchezza, cazzo, e impara!” Era Pedro Páramo. Quella notte non riuscii a dormire prima di aver finito di leggerlo per la seconda volta».

 

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