Forse l'età ci gioca dei brutti scherzi. Forse Piero Binda - maresciallo dei carabinieri ormai in pensione, con una onorata carriera alle spalle - ha voluto provare l'ebbrezza di passare dall'altra parte della barricata. Altrimenti come si spiega che adesso stia tranquillamente seduto al bar con Pallonetto, una vecchia conoscenza della polizia che non ha mai sopportato certi articoli del codice penale sulla tutela della proprietà privata? Parlano come se fossero buoni amici. Anzi di più: Pallonetto gli sta chiedendo un favore. Sembra accorato, sfiora la mano del vecchio sbirro e gli spunta perfino una lacrima. Con occhi da vitello, racconta a Binda che la sua fidanzata, una giovane zingara, è stata rapita da una banda di albanesi. Che strana scena: il carabiniere e il ladro, seduti a scambiarsi confidenze davanti a un bicchiere di marsala. Sono passati tanti anni dai loro "tempi d'oro", quando Pallonetto svuotava la cassaforte dello yacht dei Grimaldi a Montecarlo e Binda lavorava con successo a importanti inchieste di mafia, aiutando perfino il famoso capitano Ultimo. I due vecchi assomigliano piuttosto alle indebolite controfigure di loro stessi, spaesati in una Milano che è cambiata troppo, senza avvertire. Adesso il bar che anni prima era considerato una succursale di Cosa Nostra è gestito da cinesi, le periferie brulicano di call-center e la criminalità ha un volto nuovo, parla una lingua straniera e risponde a un codice che Binda non capisce più.
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