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Alberto Bevilacqua |
L'occhio del gatto |
Vincitore 1968 |
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(Edizione Rizzoli, 1968) |
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Il protagonista è Marcello. Ma c’è anche Giulia Conforti, o meglio la conforti, con la c minuscola, come Marcello la chiama per ridurla spregiativamente al ruolo di cosa. C’è l’uomo che di Giulia si è impadronito. E un gatto nel cui occhio Marcello non vede soltanto, alla Baudelaire, la capacità di distinguere il vero dal falso nell’apparente verità degli uomini, ma anche un’immagine viva dell’ironia. Sta qui la novità del romanzo: qui e nel suo contrario. Ossia nello scontro tra l’ironia intesa come espressione massima dell’intelligenza, e la sua violenza che, oggi, sconvolge, popoli e individui. Dopo un viaggio dantesco compiuto nell’inferno di una delle tante terre devastate dal dolore, Marcello si convince che ciascuno deve reagire con le armi di cui dispone per combattere e umiliare la violenza dovunque essa si annidi, anche simbolicamente. Perciò, con l’arma di un’ironia che sa diventare una sarcastica sferza, il protagonista decide di punire la moglie Giulia e l’uomo con cui è andata a vivere sotto la spinta di uno spietato egoismo. La conforti s’è portata via i due figli, ha lasciato Marcello solo con il gatto e lui non ha reagito. Ha risposto con il suo disprezzo, il suo doloroso silenzio. Ma ora le cose cambiano. La punizione acquista la potenza di una beffa irresistibile. Il protagonista, infatti, si consegna spontaneamente nelle mani dei due, pronto a facilitarli in ogni soluzione legale (l’annullamento del matrimonio soprattutto), e diventando loro ospite fisso dà la sensazione di essere un prigioniero nella trappola. Ma in trappola sono loro: Giulia e l’uomo. L’ironia, infatti con cui Marcello li aggira alle spalle, li sgretolerà a poco a poco. |
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Alberto Bevilacqua - L'occhio del gatto
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