Il secolo infelice - Imre Kertész


 

Imre Kertész

Il secolo infelice



Bompiani, 2007 (Prima pubblicazione: 2007)

 
 
A un critico che metteva in dubbio la coerenza tra i suoi saggi e le sue opere narrative, Imre Kertész, Premio Nobel per la Letteratura 2002, nell'introduzione a questo libro, risponde che tutti i suoi libri — tutti — parlano del medesimo soggetto: «l'Inavvicinabile». Forse è un paradosso, quello di parlare di qualcosa di inavvicinabile, ma non per lo scrittore ungherese che, nella propria esistenza, l'Inavvicinabile lo ha vissuto per ben due volte: prima, incarnato nei campi di sterminio nazisti di Auschwitz e Buchenwald in cui è stato recluso; poi, nella situazione storica in cui ha iniziato a raccontare la sua esperienza nei lager, ovvero sotto il tallone del regime comunista sovietico. È esattamente in quel momento che matura la convinzione su cui intesse molte pagine della sua opera: «L'Olocausto e le condizioni di vita in cui scrivevo dell'Olocausto si erano fusi in modo indissolubile. Sì, perché l'Olocausto diventa per Kertész come un verbo coniugato sempre al tempo presente: è lo stato dal quale continua instancabilmente a inviarci messaggi, a costruire ponti per testimoniare la verità di quel «secolo infelice» che ha preceduto l'inizio di questo millennio e vi è confluito. Ecco perché, ci avverte Kertész, gli scritti raccolti qui non possono essere considerati propriamente «saggi» ma, in modo più pregnante e corretto, devono essere definiti «approssimazioni»: resoconti lucidi, crudeli, talvolta ironici, ma sempre impietosi della realtà e della natura umana di cui Kertész ha conosciuto gli straordinari abissi.


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