Peter Handke
Saggio sulla stanchezza
Garzanti, 2020 (Prima pubblicazione: 1989)
«Un tempo conoscevo soltanto stanchezze da temere.» «Un tempo, quando?» Quella di cui parla Handke in questo breve scritto, a metà tra il saggio e la riflessione autobiografica, è la stanchezza del vivere che ci coglie quando il reticolo cieco delle relazioni sociali non consente più di elevare lo sguardo oltre gli angusti confini del presente. Questa stanchezza non ha i toni alti dell'epilogo drammatico di un conflitto o di una forte tensione esistenziale: è la stanchezza più sottile, e per questo più inquientante, che s'accompagna alla banalità della vita. Contagiando il lettore con la descrizione delle proprie stanchezze, Handke lo porta a riconoscersi in questa fondamentale esperienza del mondo, ma anche a comprendere che è essenziale in un processo creativo basato sulla contemplazione. Questo saggio-confessione di uno dei più disincantati «ingegneri dell'anima» del nostro tempo ci fa riflettere di un mondo bombardato dall'irrealtà: un mondo dominato e dannato dalla fretta incalzante e brutale del «mucchio dei non-stanchi», che hanno orrore della stanchezza perché «suggerisce meno quanto va fatto che quanto può essere tralasciato».
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