Alberto Vigevani - Fata Morgana





Alberto Vigevani

Fata Morgana

Candidato 1978

(Edizione Mondadori, 1978)

 

Credo di aver letto tutti i libri di Vigevani. Rammento, fra i più lontani, oltre Estate al lago, Un certo Ramondés che mi colpì perché resuscitò straordinariamente ai miei occhi certi ambienti letterari milanesi dell'immediato anteguerra, che io stesso avevo frequentato. Per quanto scritto dopo, il libro è tutto pervaso dal senso dell'imminente catastrofe. Certo, la letteratura di Vigevani non appartiene al gusto sperimentalistico di moda oggigiorno. Potrebbe invece definirsi, secondo una denominazione della critica di ieri, ispirata ad una poetica "della memoria" (ad esempio il primo Bonsanti, il primo Bilenchi). Si potrebbe pensare, iniziale scaturigine, a Proust padre, diretto o più spesso indiretto, dei filoni di narrativa moventesi attorno al recupero dei ricordi, in un'aura estetica di ritrovamento e di vita rivissuta. Ma l'Italia aveva avuto Nievo, e più di recente Svevo, che dovrà magari qualcosa a Joyce, ma a Proust mi pare nulla. Si tratta di semplici points de repère (molta acqua è passata sotto i ponti dal tempo delle "intermittences da coeur"). Il precedente romanzo di Vigevani - o meglio trittico di racconti fra loro legati dal filo autobiografico -, La Lucia dei Giardini, bagnava appunto in questo clima di rievocazione interiore: vi si muovono personaggi dell'infanzia dell'autore, fra cui una fantesca - diversa certa dall'eroina del flaubertiano Un coeur simple -, colta nella sua fondamentale innocenza e bontà popolana, quasi in contrasto con l'artificio del mondo borghese. Ma alla "poetica della memoria" appartiene anche il nuovo romanzo, Fata morgana, dedicato alla figura della madre adottiva dei suoi primi anni. Vi ritrovo i profili di una Modena più giovane di quella che ho conosciuto da bambino, ma una Milano identica a quella che ho preso ad abitare poi. Un "album di famiglia" inquadrante i nonni, prozii, fratelli, e le loro storie individuali, a volte tragiche. Ma, su tutto, domina il romanzo l'incantevole figura della madre adottiva, che il figlio, con penna pietosa, accompagna dai primi ricordi fino alla morte, rivolgendosi a lei con un "tu colloquiale". La "fata morgana" che la madre fata suscita agli occhi dello stupito bambino, riappare sulla tomba dopo la sepoltura, assieme ai fantasmi della folla dei morti, parenti o no. Così si chiude il romanzo, forse il più poetico che Vigevani abbia mai scritto. (Sergio Solmi)

 

 



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