Davide Lajolo - Il merlo di campagna e il merlo di città





Davide Lajolo

Il merlo di campagna e il merlo di città

Candidato 1983

(Edizione Rizzoli, 1983)

 

Lajolo ha cominciato con la poesia e poi è diventato prosatore. Che cosa ha determinato questa conversione? Direi, la vita, tutte le diverse esperienze dell'esistenza: le guerre, la resistenza, il mestiere di giornalista, poi quello dal parlamentare e infine la professione dello scrittore. Non ci sarebbe lo scrittore se prima non ci fossero stati tutti quel diversi e spesso contrastanti tipi di esperienza o, per essere più precisi, lo scrittore a tempo pieno è nato quando Lajolo ha deciso di fare i conti con se stesso, di tirare le somme di ciò che ha visto, sentito e osservato. Cosi contro e sopra i cento punti di osservazione ha stabilito una sede di controllo più salda e più libera: la vita diretta forse ha perso gran parte delle sue luci ma si è trasformata in un sentimento più ricco. Non più le passioni ma la memoria. La stessa geografia di Lajolo obbedisce a questo criterio: un giorno è partito dai suoi paesi, che sono quelli di Pavese, ha corso il mondo e finalmente è tornato alla sua casa. Come Ulisse ha potuto fare i suoi viaggi, incontrare uomini illustri e uomini senza nome e il destino ora gli ha riservato la felicità del racconto. In questo volume il lettore troverà due dei tanti volti del mondo che Lajolo ha ammiralo, quello della campagna — il suo Monferrato, le sue Langhe — e l'altro della città - Milano, quella del dopoguerra e, con un salto temporale, quella della contestazione -. Egli però non ha ritenuto di farne delle categorie, non ha stabilito delle contrapposizioni: il primo obiettivo è quello di raccontare nella maniera più libera, proprio come facevano i suoi vecchi quando si ritiravano in cucina e parlavano ai figli e ai nipoti. Metterei in luce questo momento della coscienza libera e soprattutto la decisione di non abusare, di non servirsi, per altri fini che non fossero quelli del piacere immediato, del materiale accumulato. A poco a poco le altre immagini che abbiamo della sua vicenda si attenuano e resta soltanto quella del raccontatore senza pregiudizi. Insomma non fa della letteratura, non l'ha mai voluta fare preferendo farsi testimone di se stesso e della gente che ha frequentato. E di gente ne ha conosciuta molta ma si può dire che tutte le volte ha cercato di conoscerla senza schemi, con amore, e anche qui ha creduto di doverne esaltare — ma sempre con misura, con l'antica saggezza della sua terra — i sentimenti semplici, rifiutando gli esercizi a vuoto sulle costruzioni più o meno arbitrarie della psicologia. Un ritorno, dunque, alle origini ma un ritorno in forze, non piagato da rimorsi o da rimpianti, quasi volesse dirci — ogni volta che ci racconta una storia — che la vita va presa e amata cosi com'è. (Carlo Bo)

 

 



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