Eraldo Miscia - Il gran custode delle terre grasse





Eraldo Miscia

Il gran custode delle terre grasse

Candidato 1975

(Edizione Rusconi, 1975)

 

Romanzo allegorico, romanzo di fantasia? Saga familiare ridotta a favola, a memoria scherzosa, a polveriera utopistica? Nel leggere questo Gran Custode delle Terre Grasse, mi son poste tutte queste domande, cercando di incasellare la storia di Miscia nel grande alveare che Calvino e Malerba, Manganelli e Bonaviri fanno risuonare da qualche tempo con notevole autorità espressiva. Poi mi son ricordato dell'Abruzzo (Miscia è abruzzese, e pur sradicato ne conserva tutti i caratteri originari), e delle mitologie strambe che contraddistinguono quella regione, assieme alle superstizioni, ai riti, allo scenografico culto della famiglia. È proprio là che ha preso ispirazione la fantasia dell'autore, il quale ha completamente ribaltato il mondo dei «cafoni» di Silone e quello storico-sociale di Jovine, ha messo da parte i «problemi» e ha spinto tutto questo statico universo nelle aeree sfere della quotidiana follia, respirata un tempo dai «buffi» di Palazzeschi. Un'operazione, a mio avviso, magnifica, che rivela in Eraldo Miscia uno scrittore estroso, funambolesco, sensuale, peripatetico, eppure «radicato » come pochi a una realtà precisa: la sua terra. Su questi presupposti e inventando genealogie a catena, Miscia ha aperto un compasso, disegnando strani circoli, capricciosi e irrazionali, dove i Giuseppe, i Gerolamo, i Teodoro, le Giovine, le Isoline, le Giustiane, i Francescopaolo, ecc. fanno a gara per mordersi il collo come vampiri, rivendicando il loro diritto ad esìstere e a non-esistere.

 

 



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