Giorgio Chiesura - La zona immobile e altre storie





Giorgio Chiesura

La zona immobile e altre storie

Candidato 1969

(Edizione Mondadori, 1969)

 

La “zona immobile” è quella — non solo dello spazio e del tempo, ma anche della coscienza — nella quale vivono uomini imprigionati da altri uomini. Più di un libro e di uno scrittore, in questi vent'anni, ci hanno suggerito che il “campo di concentramento", oltre che una contingenza storica, è la metafora atrocemente concreta di una condizione esistenziale: sempre presente nel possibile, sempre in agguato nel destino di ogni uomo. Ma l'oscura naturalezza di quell'agguato non era mai risultata, forse, con tanta evidenza come in questo racconto sommesso, pacato, dove ogni punta drammatica appare smussata e levigata dall'ironia, dalla dolcezza, dal pudore. Di stazione in stazione, di campo in campo — Przèmjschl, Hammerstein, Langwasser, Linghen: nomi polacchi o tedeschi che danno subito a tutti, anche a chi non li ha mai sentiti prima, le coordinate di un'epoca, di una realtà — Chiesura viaggia insieme a noi dentro un suo viaggio remoto e immutabile, gremito di figure vivide o silenziose, di gesti lentissimi, di sogni; torna a vivere al di là della linea bianca — di reticolati, nebbia, neve, betulle — che per due anni, dal settembre del '43 al settembre del ‘45, ha fatto di lui un “prigioniero”, un uomo senz’altra dimensione apparente che la propria solitudine. Non si pensi, tuttavia, a un diario “intimo” nel senso tradizionale del termine, a una narrazione risolta nell' oblio dei fatti e nell'offerta della propria persona segreta. AI contrario, proprio la rarefazione dei gesti, il relativo vuoto che li circonda esaltano ogni minimo evento, gli conferiscono una corposità, uno smalto, un' “allegria” addirittura picareschi. AI centro della sua metaforica (e metafisica) “immobilità”, il giornale di Chiesura è fittissimo di personaggi, di dialoghi, di scatti umorali e fantastici, Se è vero, insomma, che quella della “prigionia” è una realtà simbolica latente nella realtà di ogni giorno, è altrettanto vero che nell'ambito della prima si ritrovano, con una sorta di miniaturistico risalto, la complessità di intrecci della seconda. Lo scorrere, l'uno sull'altro, di questi due piani non poteva trovare strumento linguistico più appropriato, e più nuovo nella sua antica semplicità, di quello adottato da Chiesura, La zona immobile, infatti, è un racconto in versi, costruito su una serie essenziale di partiti metrici che possono sembrare fortuiti o appena accennati e sono, invece, esatti e profondamente necessari, attenti come sono, da un lato a soddisfare le esigenze di una resa non naturalistica del materiale, dall'altro a cogliere gli impliciti suggerimenti ritmici della sintassi quotidiana.

 

 



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