Mimmo Gangemi - Alberto Lenzi



Mimmo Gangemi

Alberto Lenzi

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Alberto Lenzi è un magistrato in servizio presso una procura calabrese, ed è un indigeno, un nativo dei luoghi dove esercita la sua professione, quindi. E dei luoghi conserva tutti i tratti esteriori peggiori: è pigro, indolente, ignavo, tende a sorvolare sui fatti di evidente matrice malavitosa che avvengono sui luoghi della sua giurisdizione, ma non per cattiveria, cattiva professionalità o, peggio ancora perché corrotto o colluso con i mafiosi che deve indagare. No: semplicemente perché il suo vivere a diretto contatto con l’ambiente lo ha reso in un certo qual modo assuefatto al modus vivendi dei luoghi, è innato in lui una certa rassegnazione, un certo tollerare, fingere di non vedere per quieto vivere, sminuire la portata penale di fatti ed eventi pressoché quotidiani del posto, conscio che certi comportamenti, lo sconfinare spesso e volentieri nell’illecito e nell’irregolare sono divenuti una vera e propria necessità dell’esistenza, un obbligo esistenziale nato dall’assoluta incapacità sociale di uno stato assente nei suoi presidi preventivi ed invece presente sul territorio con solo connotati repressivi. Lenzi lo sa perfettamente, e perciò si adegua, lascia correre i piccoli reati, le piccole ruberie, le irregolarità di vario tipo, le truffe e gli imbrogli a cui troppo spesso per assoluta mancanza di alternative sono costrette a ricorrere i nativi per sbarcare il lunario. Perciò allora Lenzi è detto meschino, il giudice meschino; intendendo con ciò non tanto che è un povero di spirito, tutt’altro, è un uomo intelligente, capace, un uomo retto e con saldi principi morali: no, il termine meschino sta qui a significare un uomo dalla moralità elastica, un uomo che riconduce la morale ad essere ridisegnata con un profilo più basso di fronte a certe circostanze tutto sommato riconducibili ad un livello accettabile. Alberto Lenzi è un uomo superficiale, ma non leggero o incosciente; è un donnaiolo, ma non privo di sentimento; è capace e intelligente, ma sa come spesso occorre girare la testa dall’altro lato. Meschino in questo senso, tollerante per forza di cose: ma quando il limite è superato, quando si esce drammaticamente e crudelmente fuori dal seminato, ma non più per bisogno ma per avidità, non per vivere ma per lucrare sull’esistenza altrui, ecco che Lenzi perde il suo essere placidamente e fatalisticamente accondiscende e rivela la sua vera essenza di calabrese tosto, intransigente e tenace come la dura roccia aspra montana.

Romanzi

1

Il giudice meschino, 2010

😀

2

Il patto del giudice, 2013

😀

3

La verità del giudice meschino, 2015

 😀

 

 

 

 

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