Nicola Lisi - La nuova Tebaide





Nicola Lisi

La nuova Tebaide

Candidato 1950

(Edizione Vallecchi, 1950)

 

Nessuno meglio dell'autore stesso potrebbe presentare questo libro, che i critici forse riconosceranno come un ritorno, o una riaffermata fedeltà, di Lisi al suo migliore è più vibrante modo. Egli dice di averlo scritto all'aperto, come il Paese dell'anima (una concordanza esteriore che forse non sarà la sola) e raccontando di una sua solitaria passeggiata al Convento francescano di Fiesole, in un pomeriggio di primavera, aggiunge:

«Traversa! lentamente, cioè senza mai forzare la mia solita andatura, anditi e cortili. In uno di questi, che era vasto, vidi, su numerose corde trasversali, non so mai quanti lenzuoli a rasciugare. Sembrava un cortile pavesato da veramente pacifiche bandiere. Proseguii a camminare, sinché aprii un portone, socchiuso, che dava sull'orto dei frati vòlto a tramontana. Nell'orto non c'era nessuno. Poiché faceva fresco mi avvolsi stretto nel pastrano. Sedei sulla panchina di pietra che accompagna, in lunghezza, tutta la parete, La parte, in piano, dell'orto che avevo sotto gli occhi era coltivata a cavoli. Con un piacere, certamente di natura poetica, li stavo a guardare, Quando alzai il capo ero ben preparato alla serenità dei colli e dei monti, prolungata sino all'alto vertice di Montesenario. Sentivo di accogliere in me l’intimo dl tutta quanta la visione e sentivo anche che, con, un movimento ineffabile, si apriva quel tal segreto scrigno che, nella quasi totalità del tempo, rinserra la mia anima. Allora tolsi da una tasca il taccuino e il lapis. Scrissi, come compitando nell’ascolto, l'«Invito dell'Angelo», che è ora il capitolo introduttivo alla Nuova Tebaide. A quello e alla mia silenziosa avventura (il lettore vedrà) gli altri ventisei capitoli sono legati come chicchi di una medesima corona.»

E gli angeli, insieme a frati e monaci, ma anche a laici, a donne e a peccatori sono i personaggi di questo libro; che trova la sua unità (più forte e profonda che se fosse di trama)in un clima spirituale di perfetta disposizione alla vita contemplativa, cioè alla visione — non più eccezionale, ma divenuta naturale e consueta — del sovrasenso che sta in fondo agli avvenimenti e agli atti degli uomini. Qui appunto trova giustificazione il titolo: che viene in certo modo a confermare come per Lisi la narrativa sia anche una forma moderna di mistica. Ed ecco perché Lisi — in questo distinguendosi e distaccandosi dalla massima parte della letteratura contemporanea — dona ai suoi lettori non già ulteriori inquietudini e tormenti ma rasserenante pacificazione.

 

 



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