Alberto Redaelli - Le leggendarie Mille Miglia


 

Vincitore 1987

Alberto Redaelli

1986

Le leggendarie Mille Miglia


Bandoni

Per l'automobile non ho mai avuto un particolare interesse. L'ho sempre usata, e la uso tuttora, semplicemente perché mi serve. E il mio atteggiamento verso di essa è pari a quello che ho verso il coltello che mi serve tutti i giorni per tagliare il pane. Eppure, nonostante questo, seguo con curiosità e passione da sempre il mondo delle corse automobilistiche, dalla Formula Uno alle cronoscalate locali, e quando vedo una macchina da corsa, anche delle più piccole cilindrate, con il suo bravo numero dipinto sulle lamiere lucenti, non posso fare a meno di fermarmi a guardarla con attenzione per qualche minuto. Perché? Credo che la ragione di tutto questo, della molla che scatta sempre dentro di me davanti alle corse automobilistiche e alle macchine da corsa abbia una origine assai lontana, che risale ad alcuni ricordi d’infanzia. Tanto remoti quanto nitidi, anche se hanno assunto poi inevitabilmente con il tempo un leggero contorno «di favola». Sono ricordi legati alla Mille Miglia. Un nome che tutti gli appassionati di automobilismo del mondo conoscono, perché la Mille Miglia fu dagli anni Venti agli anni Cinquanta la corsa su strada più famosa del mondo. Bene. Ora apro lo scrigno della memoria ed ecco i miei ricordi legati alla favolosa Mille Miglia. Il primo risale all’unica volta che la vidi passare. Ricordo dunque uno zio della «Bassa», la nostra pianura bresciana, che mi portò con la sua Aurelia al bivio di un paese vicino dove passavano nel pomeriggio di un giorno di festa le macchine della Mille Miglia che ritornavano a Brescia da Roma. C'era molta, moltissima gente — ricordo — di tutte le età, con i giornali piegati in quattro nelle mani per riconoscere i corridori dal numero delle macchine e, dietro quel fitto muro che costeggiava la strada, biciclette dappertutto: appoggiate ai muri delle case, ai pali della luce, distese lunghe per terra. Le macchine delle cilindrate minori erano abbastanza bene visibili, mentre i bolidi della categoria «Sport sfrecciavano velocissimi e quasi imprendibili all'occhio, lanciati come meteore verso l’ultima meta. Era la domenica del 12 maggio 1957, ed io allora avevo sette anni. Il secondo ricordo legato alla Mille Miglia ha più i contorni «della favola». Sarà stato il 1956 o il 1957, credo. C’era allora un collega di papà che aveva corso e correva la Mille Miglia e questo fatto, ascoltato più volte dai grandi, lo rendeva allora a noi bambini più interessante di qualsiasi altro. Era un uomo piuttosto corpulento e di indole simpatica, e qualche volta andava al lavoro nel cantiere di papà con la macchina con cui correva la famosa corsa: una Fiat 500 C, cioè la inconfondibile «Topolino», che aveva un bel colore rosso amaranto. Era una macchina elaboratissima, chissà quanto, con la carrozzeria ben lucida e — ricordo ancora — il volante ricoperto da un robusto filo di corda intrecciata. Ebbene un giorno quell’uomo, colpito probabilmente dalla ammirazione con cui guardavo la sua indiavolata macchinetta, disse a mio padre: «porto il bimbo a fare un giro». E così allora anch'io provai l’emozione di salire su una macchina della Mille Miglia. Macchina che in quella occasione fece soltanto qualche chilometro e ad andatura molto tranquilla. Ricordi d’infanzia, dunque. Ingenui come tutti i ricordi dell’infanzia ma capaci di lasciare il segno per tutta la vita. Da lì probabilmente è venuta la mia passione per le corse automobilistiche e le macchine da corsa. E da lì, credo, anche la molla più lontana che mi ha spinto a scrivere questo libro. Mentre quella — diciamo così — più vicina, è stata il vedere in questi anni a Brescia le quattro edizioni disputate della «Mille Miglia Storica»: la gara di regolarità per auto da corsa del passato che, sul classico percorso Brescia-Roma e ritorno, ha riunito molte vecchie e gloriose protagoniste della Mille Miglia, arrivate per l’occasione — si può ben dire — dai quattro angoli della terra. Questo è dunque il libro di un appassionato, non l’opera di uno specialista. Il viaggio in uno spicchio di memoria privata attraverso una memoria che per tutti gli appassionati di automobilismo del mondo ha oggi il contorno della leggenda. Sia letto perciò come tale, con il desiderio che possa far rivivere ai lettori anche soltanto un pizzico di quell’ormai lontano, entusiasmante e irripetibile passato sportivo.

 

 

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