Mario Pennacchia - Gli Agnelli e la Juventus


 

Vincitore 1986

Mario Pennacchia

1985

Gli Agnelli e la Juventus


Rizzoli

«Ricordo mio padre come un uomo grande, importante. La prima volta che mi portò a vedere la Juventus ero piccolissimo. C'era Hirzer, un asso ungherese, che avevano appena acquistato. Era velocissimo. Quel giorno a vederlo c'erano tutti i dirigenti: per metterlo alla prova gli facevano fare le corse sugli ottanta metri e lui staccava tutti gli altri compagni.» È un pomeriggio del settembre 1925 quando la Fiat 509 Torpedo di Edoardo Agnelli si ferma davanti al campo della Juventus in corso Marsiglia. Ad aspettarlo ci sono tutti ì dirigenti più rappresentativi e sincera è la loro meraviglia nel vedere che, dopo aver risposto con un cenno cordiale al loro saluto scendendo dalla vettura, il presidente non si avvia subito verso di loro che gli vanno incontro, ma torna a voltarsi all'interno dell'auto e ne estrae un bambino di neanche cinque anni, il vestitino bianco e blu alla marinara: è suo figlio Gianni. Quando tutti quei signori gli si avvicinano con tenerezza, il bambino non ne rimane intimidito perché qualche volta molti di loro li ha già intravisti in casa, entrare e uscire dallo studio libreria di papà. Ma è ancora troppo piccolo per rendersi conto già adesso che questo primo mondo esterno che il padre gli fa scoprire fuori della famiglia — poi, ma non seconda, ci sarà la FIAT — è destinato ad appartenergli per la vita. Ma se lui non ha l'età per capire il significato di questa sua presenza qui, sul campo di corso Marsiglia, fra tante maglie bianconere che si agitano come farfalle fra le due porte, la sua manina stretta in quella del padre, certamente l'afferrano, ne sono consapevoli Giovanni Mazzonis, che nell'ultima recente assemblea del 6 giugno è rientrato come vicepresidente nel club di cui era stato socio giocatore prima delia grande guerra, Enrico Craveri, che è l'altro vicepresidente, Sandro Zambelli, Piero Monateri, Carletto e Nino Levi e Tonino Scantoni, noto anche come arbitro, che fanno parte tutti del Consiglio direttivo. In particolare Pierino Monteri, che degli altri è il meno abile a nascondere la propria emotiva sensibilità, ha occhi solo per quel marinaretto che sgambetta in letizia spensierata. Non passerà tanto tempo che il figlioletto di Edoardo, pur non ancora in età per l'istruzione elementare, sarà già in grado di dare risposte sicure. Se gli si domanda, per esempio, quale sia il suo colore preferito, è pronto a rispondere: «il bianconero», E Monateri quasi se ne commuove. Portando per mano il figlioletto Gianni per la prima volta al campo di corso Marsiglia, il presidente della Juventus non si limita a confermare le parole pronunciate due anni prima all'assemblea che l'aveva eletto: «Non intendo considerarmi un presidente onorifico», ma dimostra infinitamente di più: che il club bianconero è entrato a far parte dei suoi affetti. Così, rendendone partecipe per la prima volta il suo Gianni che a quattro anni e mezzo fa il suo precoce debutto in società, nella società juventina, Edoardo Agnelli apre la stagione 1925-26. Sarà anche quella del suo primo scudetto. Il primo di venti scudetti conquistali dalla «Premiata Juventus Edoardo e figli». La Dinastia Juventus. E Gianni c'è già, fin dal primo.

 

 

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