Mario Rigoni Stern - Aspettando l'alba


Mario Rigoni Stern

Aspettando l'alba

Premio Mario Tobino - Un libro per l'inverno 2005

Einaudi, 2004

 

La guerra, i ricordi, il ritorno sui luoghi del passato. E poi la natura: i boschi, gli animali, il ritmo delle stagioni. Due filoni narrativi, un solo modo di sentire il tempo, in diciannove racconti ricchi di emozione per la vita. I racconti che compongono questo libro hanno una doppia anima: guerra e natura si alternano in un contrappunto che la scrittura di Rigoni sa modulare con verità. Così, accanto alla storia di Romedio e della sua mula che salvarono decine di feriti in Russia, o a quella di una bottiglia di grappa nascosta in una trincea da un soldato nel 1917, e ritrovata trent’anni dopo, o ancora a quella di un ritorno, dopo sessant’anni, sul luogo della sofferenza e della morte – il Lager 1|b, in Polonia – trasformato in un impossibile paesaggio bucolico, possono trovare posto due piccoli caprioli che si avvicinano alle case in cerca di cibo e di riparo, una lepre inseguita nel bosco, la legna messa da parte per l’inverno o per chi verrà dopo di noi; e poi Ast, un cane speciale, addestrato a una caccia lenta, senile: un cane per chi non sogna più carnieri abbondanti, «ma un andar lento nel bosco». Sempre un viaggiare nel tempo, con tenacia: può bastare aprire una vecchia cassettina di noce trovata in soffitta, e leggere le lettere che un ragazzo di vent’anni – il sergente Rigoni – scriveva dal fronte. O sfogliare un atlante, da cui sbalzano «ricordi vivi di noi vagabondi dentro la storia su nevi lontane»: e i ricordi che riemergono sono i più disparati. Molti insostenibili, come quello di un soldato italiano inginocchiato nella neve che grida aiuto invano. Altri quasi lieti: le patate rubate qua e là, per non nuocere a un solo contadino, con un bastone chiodato: «Patate con il chiodo. Specialità della ditta Tardivel e Rigoni». Infine, «ora che il tempo scende al tramonto», vanno salutati gli amici: Primo, Nuto, e poi i poeti segreti. «Anche il mio corpo è stanco, – scrive Rigoni, – questo vecchio corpo che tante vicende ha subito, e nelle ore notturne, in attesa del sonno o dell’alba, il pensiero si sofferma su quel tempo, e ricompaiono volti di amici, episodi, situazioni drammatiche. Non solo sofferenze, anche momenti sereni di giochi infantili, visi ridenti, lettere d’amore, sogni, canti, montagne conquistate». «Cammino sul prato dove c’era la mia baracca, conto i passi, trovo il luogo dove stavo sdraiato a meditare: sul passato, sulla fame, sulla responsabilità. Mi guardo intorno, le pecore pascolano tranquille, non ci sono cani né pastori; l’autunno è nei suoi colori più belli; è un paesaggio pastorale: sembra impossibile che qui sessant’anni fa c’erano fame, morte, miserie, urla di comando. Ora voglio anch’io mangiare una mela, una piccola mela rossa del Lager I|b: mi sembra un dono che la natura mi offre come diritto, come risarcimento di tanta non-natura patita».

 


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