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# 5 |
Edward Abbey |
Fuoco sulla montagna |
Fire on the mountains, 1962 |
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Meridiano Zero, 2004 |
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Come una bolla d’aria miracolosamente intatta in una nave capovolta, nel ranch di John Vogelin sopravvive ancora il vecchio West. Siamo nel 1960 e quel punto minuscolo sulla carta geografica degli Stati Uniti è un luogo fuori dal tempo, sotto assedio, irrimediabilmente alla fine. Le eterne cavalcate, i cow boys che distinguono al primo sguardo le tracce di qualsiasi animale, il sogno dell’autosufficienza e di un’esistenza in comunicazione diretta con la natura, le piante, le stelle sono incompatibili con il ventesimo secolo. Sul ranch incombe la certezza di un esproprio: c’è la guerra fredda e bisogna aumentare le basi missilistiche. Ma John è nato nel ranch: al di là di quella terra arida, dura, amata di un amore totale, per lui c’è solo la minaccia di una vita ormai indecifrabile. Con la grandezza di chi incarna perfettamente un’epoca e non può accettarne il tramonto, John Vogelin si prepara alla guerra contro gli Stati Uniti d’America. Al suo fianco, contro poliziotti dal grilletto facile, burocrati polverosi e militari pieni di boria si schiera soltanto il nipotino dodicenne Billy, che sta passando l’estate al ranch. È molto giovane, ma è già nell’età dell’orgoglio e della ricerca di sé. La sua paura: essere considerato un bambino; il suo sogno: abbandonare madre, padre e le comodità della città per restare sempre tra gli uomini veri, a domare cavalli selvaggi, a dormire accampato nel deserto, indifferente a scorpioni e vedove nere, a "mangiare cactus a colazione e a bere sangue per cena". È attraverso i suoi occhi che seguiamo lo svolgersi di un lungo duello, un crescendo che alterna i colpi di carta bollata ai colpi di fucile, in cui l’individualismo si scontra con il patriottismo e la natura con la tecnologia. Per Billy è una lezione durissima, una accelerazione forzata sul percorso della crescita. Abbey suggerisce una possibile mediazione tra il vecchio West e la brutalità della Storia: del progresso si può prendere il buono e lasciare il cattivo, come fanno i pellerossa. Ma c’è molto dolore nell’ammissione: "anarchia ormai significa anacronismo." |
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Edward Abbey - Fuoco sulla montagna
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