Hugues Pagan - La notte che ho lasciato Alex


 

 #  39

Hugues Pagan

La notte che ho lasciato Alex

Dernière station avant l'autoroute, 1997

serie Chess

# 3

 

Meridiano Zero, 2003

 

Hugues Pagan chiude la trilogia, iniziata con Dead End Blues, con una prova impeccabile che gli ha fruttato il Prix Mystère de la Critique, consacrandolo tra i grandi maestri del genere. Chess non ama molto il giorno. Non ama lo stile ipocrita di chi vive alla luce, non ama i colleghi di polizia corrotti. Non ama fingere di sapersi adattare alle regole del gioco. Per questo ha scelto di relegarsi al turno di notte. La Notte è il colore di Parigi quando il sole cala, è la voce struggente di Billie Holiday che deposita il suo velo di opaca bellezza sui ponti e sulle strade. La Notte è un modo di vivere, un rifiuto radicale dei compromessi, una sequenza inesauribile di omicidi, blues e anfetamine per tenersi svegli. È un tentativo di dimenticare il passato. Alex arriva inattesa come il vento, in occasione di un'indagine complessa. L'apparente suicidio di un senatore. Un floppy-disk che consentirebbe di ricostruire l'intricata rete che lega mala e mondo politico. Funzionari in odore di servizi segreti che cercano di metterci sopra le mani. Alex non è solo giovane, Alex non è solo bella come una venere da calendario. Ha un'ostinata volontà di ritrovare quella purezza che abbiamo perduto in un giorno lontano. Alex crede che in fondo sia possibile sopravvivere a se stessi. Ma proprio quando la salvezza sembra raggiungibile, è il passato che ti viene a cercare. E Chess si trova a dover chiudere i suoi conti, e a scoprire com'è fatta la paura. E la paura sa di sparatorie e ossessioni, di adrenalina e fughe verso il Sud. Un romanzo disperato e rabbioso come un ultimo blues, sensuale e malinconico come un temporale dall'odore di autunno. Una lunga corsa nell'oscurità, che sembra avvicinarsi inesorabilmente al suo termine; attraversata dalla speranza di un'ultima sosta, dall'attesa disillusa che un giorno, finalmente, faccia giorno.

 


 

 

 # 18

Meridiano Zero, 2010

 



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