Georges Conchon - Lo stato selvaggio


Vincitore

1964

Georges Conchon

Lo stato selvaggio

L'État sauvage

 

Bompiani, 1965

 

La sera in cui il premio Goncourt veniva assegnato a Georges Conchon per lo stato selvaggio, i giornali annunciavano la rivolta nel Congo. E i recenti avvenimenti in Africa (razzismo contro i bianchi) e in America (razzismo contro i negri) offrono all'ultimo premio Goncourt una garanzia di autenticità, d'altronde assai malinconica. L'esaltazione razzista appare nel romanzo non la specialità di alcuni fanatici, ma una passione naturale e collettiva, densa e massiccia, pantagruelicamente crudele e stupida, come nella Polonia immaginaria di Alfred Jarry. Avit, giovane funzionario dell'Unesco di buone intenzioni, sbarca un giorno, in missione, nella capitale di una nuova repubblica dell'Africa Equatoriale, stato immaginario dalle parti dell'ex Congo francese. E nella città, da cui lo vogliono cacciare, ritrova la moglie-bambina da cui era stato abbandonato all'improvviso, tempo prima, per un decorativo commesso viaggiatore. Ora la donna vive in proclamato concubinaggio con un magnifico negro, per altro culturalmente europeizzato e ministro della sanità del suo paese. Di qui prende l'avvio l'angosciosa esperienza di Avit e la follia di rivalsa, di vendetta che travolge le due comunità, la bianca e la negra, nel clima deleterio dei tropici. È questo il vero stato selvaggio a cui il corto circuito dell'odio riduce tutti. Conchon è partito da esperienze dirette, da una conoscenza di luoghi, fatti, sentimenti, acquisita sul posto come segretario generale dell'Assemblea della Repubblica centroafricana. Il suo romanzo non si impegna mai in un dibattito di idee, non è a tesi, ma le idee sono sottintese dappertutto, con una ironia da moralista amaro e anticonformista. Per questo Lo stalo selvaggio, romanzo d'avventure colorato, secco, ricco, inatteso, che non manca di verità psicologica, ha anche il lato di satira beffarda, di tragica buffoneria, di violenza, di sensualità che la lingua densa dell'autore non si preoccupa di addolcire con le parole.

 

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