Jean Carrière - Lo sparviero di Maheux


Vincitore

1972

Jean Carrière

Lo sparviero di Maheux 

L'épervier de Maheux

 

Rusconi, 1973

 

Quando l'anno scorso, qualche settimana prima del Goncourt, uno scrittore parigino mi consigliava di leggere Carrière, i suoi libri mi erano sconosciuti. Il suo primo romanzo, Retour à Uzès, era stato premiato dall'Académie Fran-caise nel 1968, ma non ci avevo badato per un deplorevole pregiudizio nei confronti degli accademici di Quai Conti che in realtà sono attentissimi nel segnalare i giovani scrittori di talento. Non fu certo una lettura deludente, era non soltanto uno dei migliori libri dell'anno, ma la rivelazione di un romanziere fuori del comune, felicemente libero dalle mode culturali del momento, radicato nella sua provincia meridionale, nel terroir, come i suoi maestri spirituali Faulkner e Giono. Chi poteva immaginare che questo scrittore solitario, estraneo all'Establishment letterario e per di più pubblicato da un editore poco influente come Jean-Jacques Pauvert, vincesse di lì a poco il premio Goncourt? Per scrivere Lo sparviero ài Maheux Carrière si è ispirato a un fatto di cronaca, una famiglia misera, abbarbicata appassionatamente alla montagna e che non poteva sopportare la civiltà contemporanea. Il romanzo narra la storia di questa tragica sfida al buonsenso borghese e alle tentazioni della società del cosidetto benessere in una regione selvaggia e povera, le Cévennes, una catena di montagne della Francia meridionale, abitate dai discendenti degli ugonotti scampati ai massacri di tre secoli or sono. In una valle solitària e spopolata sopravvive in una baita un'ultima famiglia: morto il padre, sceso il fratello a valle, la madre impazzita, la moglie fuggita per disperazione, Abel Reilhan rimane solo fino alla tragica morte, sfidando l'ingratitudine del cielo e della terra, intento a una visione simboleggiata da uno sparviero che volteggia sul suo capo, inafferrabile e irraggiungibile. Carrière, con uno stile aspro, pietroso e a tratti allucinato, racconta questa vicenda i cui protagonisti sono le Cévennes e Abel, personaggio biblico, martire e testimone di una condizione umana che assume i tratti del mito. Il romanzo è ben lontano infatti da una certa letteratura neoverista o strapaesana, la storia della famiglia Reilhan è in realtà una metafora che si coglie sin dalle prime pagine, nel linguaggio stesso che rimanda continuamente a una dimensione invisibile, quasi gravasse su ogni episodio una presenza ossessiva e sovrumana. A un giornalista che lo interrogava a questo proposito, Carrière spiegava qualche mese fa. « Lo sparviero di Maheux rappresenta il Vecchio Testamento. Dio resta l'Inafferrabile. Il mio protagonista, Abel Reilhan, è preso fra il Destino e la ricerca d'assoluto di cui ignora la presenza, è Giobbe o Giacobbe ».

 

Nessun commento:

Posta un commento