Nevica. Da giorni. Una coltre bianca ricopre Torino ovattando i suoni, smorzando le luci, rallentando al minimo vitale i ritmi del grande organismo urbano. In questa sorta di sospeso torpore, esplode la notizia: nel giro di poche ore due uomini e una donna vengono ritrovati esanimi, ubriachi, vivi ma con la lingua mozzata. Un gesto d’inspiegabile ferocia. Sulla città semiparalizzata da quell’imponderabile sussulto d’inverno aleggia l’orrore di un crimine seriale, subito alimentato dal consueto tam tam mediatico. Lola, che vive in un precario ma confortevole equilibrio tra il suo negozio di specialità francesi nel quartiere di San Salvario e qualche lavoretto sotto copertura per la Digos, osserva il manifestarsi degli eventi da spettatrice. Almeno all’inizio. Perché poi, all’improvviso, ci si ritrova dentro in pieno, costretta a indagare sull’identità di una delle tre vittime, che sembra provenire dritta dal suo passato lontano e vicino. E, senza volerlo, finirà per essere coinvolta in una vicenda più grande e complicata, di cui non sa controllare tempi, attori, pericoli, obbligata a fare i conti con un mondo criminale che non conosce e che la trascina più volte sull’orlo di un baratro di cui non vede i confini. Un’indagine ad alto rischio, senza esclusione di colpi, che la porta a muoversi in un sottobosco di insospettabili individui senza scrupoli che lucrano sul doping nell’ambiente dello sport giovanile e sono disposti a tutto pur di coprire i loro sordidi traffici. Lola, questa volta, ha paura. E quando tutto sarà concluso, e come sempre accade nel grande noir contemporaneo, il bilancio finale non sarà in pari. Qualcosa, nel mondo intorno, risulterà incrinato e avrà un sapore più amaro. Lola ne uscirà diversa da come l’abbiamo conosciuta. E il lettore con lei.
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