Il Paradiso è altrove - Mario Vargas Llosa


 

Mario Vargas Llosa

Il Paradiso è altrove



Einaudi, 2003 (Prima pubblicazione: 2003)

 
 
«È qui il Paradiso?» «No, non è qui, è all'altro angolo». Il gioco antico dell'infanzia, in cui si insegue qualcosa che mai si potrà raggiungere, appare nelle vite tempestose dei due protagonisti. Non soltanto con la forza del ricordo, ma con il suo possente valore simbolico, di ricerca del Paradiso in terra, inteso come giustizia, bellezza, libertà, amore: l'Utopia, insomma. E due utopisti, a diverso titolo, sono Paul Gauguin, proprio l'eccelso pittore, e Flora Tristan, sua nonna materna, agitatrice sociale e proto-femminista, le cui vicende vengono narrate, in parallelo, da questo trascinante romanzo. Vissero nel XIX secolo, che fu anche il secolo delle utopie: «Mai più, né prima, né dopo, come in quel secolo sarà così possente, e avrà sedotto tante persone, e avrà generato tante audaci imprese intellettuali, e infiammato l'immaginazione e l'idealismo (a volte la follia) di tanti pensatori, rivoluzionari o cittadini ordinari, la convinzione che, avendo le idee giuste e ponendo al loro servizio l'abnegazione e il coraggio adeguati, si potesse far discendere il Paradiso in terra e creare una società senza contraddizioni né ingiustizie, in cui uomini e donne vivessero nella pace e nell'ordine, condividendo i benefici di quei tre principi dell'ideale rivoluzionario dell'89 armoniosamente integrati: la libertà, l'uguaglianza e la fraternità». Due personaggi, due utopie: da un lato l'odissea di Flora Tristan, «la donna che concepisce l'utopia della libertà per la donna dalla condizione di ingiustizia, sfruttamento e discriminazione che soffriva (e che soffre ancor oggi in tanti luoghi)». Dall'altro, le peripezie di Paul Gauguin, che lottò per un'altra utopia, «quella di una società in cui la bellezza fosse patrimonio di tutti e non solo un lusso riservato a pochi». L'autore è affascinato dalle due vicende che, anche se non «si toccano, finiscono con il confondersi. La prima, quella di una donna dall'infanzia infelice, poi con un matrimonio disastroso che, costringendola alla fuga, la trasformò immediatamente, per la morale dell'epoca, in una «donna perduta e rea». Ma, di disgrazia in disgrazia, la bella Andalusa si trasforma in donna indipendente, studia, lavora, scrive, e infine si dedica all'azione sociale, pacifista, fra gli operai di Francia. La seconda vicenda, quella di suo nipote, che da una tranquilla vita di famiglia - con tanti figli -, agiata grazie a un ottimo impiego come agente alla Borsa di Parigi, passò, a trent'anni, dopo la scossa della chiamata vocazionale per l'arte, a trasformarsi in un selvaggio, alla ricerca nei Mari del Sud del primitivo nella natura e nell'estetica. Entrambi francesi di nascita, vissuti qualche tempo entrambi in Perú, ad Arequipa (la città natale di Mario Vargas Llosa), praticano visioni del sesso diametralmente opposte: libertario e inesauribile in lui, strumento di oppressione maschilista per lei - e la nonna non avrebbe certo approvato il nipote. Ribelli e impulsivi, sognatori irriducibili ma decisi a concretizzare ognuno il proprio obiettivo: la realizzazione dell'ideale estetico primitivo e la lotta contro l'ingiustizia.


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