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Aldo Rosselli |
Professione: mitomane |
Candidato 1971 |
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(Edizione Vallecchi, 1971) |
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Il tema della narrativa di Aldo Rosselli, la quale di libro in libro corre su una medesima linea di ricerca, è il tema, classico nel romanzo novecentesco, della identità esistenziale perduta e recuperata con uguale fatica tra le menzogne dei fatti e le illuminazioni della vita. Il Rosselli mette di suo, in questo tema, un'ossessione caparbia, una determinazione implacabile. Il traguardo che si è posto, ambizioso traguardo, è di riuscire a portare il bagaglio soggettivo, autobiografico, viscerale della nevrosi a una spietata oggettività, che la isoli, quella nevrosi, potente e disinnescata, come una forza ineliminabile ma «altra», e che, se non liberi l'«io» da un rapporto connaturato con il nostro tempo, lo liberi per lo meno dalla soggezione, da una morbida complicità. In questo senso egli, nonostante possa ancora dirsi agli inizi della carriera di scrittore, ha già un posto e una fisionomia definiti nel nostro panorama letterario. Nei due primi romanzi, in realtà paralleli (Il megalomane, 1964; Ottoz, 1968), egli si aggirava con la sua prosa insistente, senza grazie formali, tenuta su registri bassi e battenti, per i labirinti dell'ambiguità, riportandone uno sconcerto doloroso, la pena di un mondo nel quale la chiarezza è destinata a rimanere, più che sconfitta, impossibile. In questo Professione: mitomane il processo dell'oggettivazione di cui dicevo all'inizio mi sembra portato molto più avanti. E non solo per la maggiore abilità e maturità tecnica del narratore, ma perché le lusinghe che irretiscono il sempre debole protagonista appaiono ora nella loro giusta luce, spurie e falotiche. |
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Aldo Rosselli - Professione: mitomane
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