Carlo Cassola - Storia di Ada



Carlo Cassola

Storia di Ada

finalista 1967

Einaudi, 1967

 

C'è un passo, in un raccontino di Cassola, che è indirettamente una dichiarazione di poetica: «Il mio sguardo si ferma su una donna ancora giovane, con un fazzoletto nero in testa, le ciabatte ai piedi, che sta filando la lana seduta sullo scalino della porta... La sua vita, lo si vede bene, è circoscritta entro le faccende di casa, la cura dei bambini, il marito che deve essere soddisfatto nei suoi elementari bisogni di assistenza e di amore. Eppure non so staccare gli occhi da lei, quasi ci fosse un segreto nella sua vita che dovrei penetrare. Nulla è più stupefacente di un’esistenza comune, di un cuore semplice...» Cassola ha sempre prediletto il mondo popolare, la provincia, le figure femminili. Per lui, nato cittadino e borghese, si è trattato di una scelta: motivata certo da ragioni biografiche, ma anche da una ragione artistica: Cassola ha scelto il mondo che meglio si prestava a esprimere quella metafisica del quotidiano, che fin dall'inizio fu il suo ambizioso traguardo. Anche i due racconti raccolti in questo volume sono ambientati in provincia e hanno una protagonista femminile. Ada è una contadina che diventa una ragazza di paese. La sorte l’ha bersagliata fino da piccola: ma c'è in lei una buona disposizione verso la vita che non viene mai meno e le dà ogni volta la forza di risollevarsi. Ugualmente travagliata, ma psicologica mente assai diversa, la vicenda di Fiorella. Intanto ha un'ambientazione storica precisa: comincia alla fine della guerra, quando la piccola borghesia è ridotta alle se precarie condizioni di vita del proletariato. Se ne risolleverà a poco a poco, e tornerà a inseguire i miraggi della sicurezza economica e del decoro sociale. Con le sue inquietudini e i suoi risentimenti, il suo coraggio e il suo lasciarsi andare ai compromessi, Fiorella rappresenta quel tempo in maniera esemplare. Ma i due racconti sono accomunati dall’amore che Cassola porta ai suoi personaggi, dalla volontà di mettere in luce il senso poetico della loro vicenda, per umile e deludente che sia. Torna in mente la chiusa di un altro raccontino di Cassola, che potrebbe fare da epigrafe a questo volume: «Vedevo il mio viso riflesso nel vetro e pensavo ai miei compagni di viaggio, alla ragazza che si avviava a diventar maestra, al geometra, alla contadina che non aveva aperto bocca in tutto il tempo. In quel poco che mi si era rivelato delle loro esistenze sentivo con intensità quanto sia triste, futile, eppure consolante la Vita».

 

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