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Carlo Castellaneta |
La dolce compagna |
Candidato 1970 |
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(Edizione Rizzoli, 1980) |
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«I due momenti, quello del narrator tecnicamente agguerrito, capace di conquistare l'interesse del lettore, e quello che attraverso la trama dei fatti fa trasparire i trasalimenti di un'inquietudine quasi religiosa, convivono in «La dolce compagna»; e, anzi, il romanzo è costruito, strutturato, nel loro continuo contrappunto. Ci sono in queste pagine tutti gli elementi di una cronaca cittadina e borghese perfettamente riconoscibile, ricostruita per frammenti allusivi e realistici al tempo stesso: la coppia di intellettuali (dottoressa psicanalista lei, scrittore affermato ma un po' in difficoltà lui), il loro «entourage» di amici disinvolti, pettegoli, in apparenza autosufficienti, e nel profondo insicuri, minacciati d'inconsistenza; e infine, quasi grumo tremendo di «diversità» in questo universo borghese, la ragazza Miria, una furente passione, carnale, un amore fiammeggiante, fulmineo e breve come una lingua di fuoco, la ragazza Miria che si uccide per amore. Ma, di fronte allo scorrere febbrile e un po' insensato di questa cronaca, sta, onnipresente, in agguato, insinuante, spavalda, protettrice e implacabile, l'ombra della morte; la quale è, appunto, «la dolce compagna». Questo dice il romanzo: il non senso del vivere è il riverbero del non-senso della morte. Solo accettando senza terrore e senza esorcismi l'idea della morte, la vita cesserà di essere un incubo, un sogno angoscioso...» |
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Carlo Castellaneta - La dolce compagna
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