Jerome Charyn - Panna Maria



NONFICTION e/o INTERNI

 

Jerome Charyn - Panna Maria

Un edificio a New York, e un grappolo d'umanità smarrita. Storie che s'intrecciano e si perdono nei bagliori dell'inizio del secolo.

Panna Maria, 1982

 

 

Interno Giallo

1992

 

In Panna Maria, Jerome Charyn continua l’impresa originale, che caratterizza tutti i suoi romanzi: l’esplorazione e il censimento della “geografia celeste” newyorkese. Una geografia che, secondo l’editore francese del libro, “non ha niente da invidiare, dal punto di vista della complessità e dell’ampiezza, a quella di Proust”. Qui, gli Swann e i Guermantes si chiamano Kitty Matlock, Panna Matka, Stefan lo zarevich, personaggi che parlano con una sintassi e un vocabolario approssimativi, totalmente affidati alle intermittenze del cuore e del desiderio. Assistiamo così alle avventure di Kitty Matlock che, per fuggire al proprio destino di ricca ereditiera del Connecticut e alle sgrinfie del suo sinistro papà, il Re Repubblicano che regna su una vasta porzione della città, cura la pertosse negli angoli più diseredati del Lower East Side, e più esattamente in una grande bicocca in rovina, Panna Maria, il cui nome significa Vergine Maria. Rifugio di una mitica “piccola Polonia”, l’edificio è “amministrato” da Stefan lo zarevich, che accoglie le immigranti polacche non appena mettono piede su terra americana, le sposa per dar loro il diritto di superare il controllo dell’Immigrazione, e poi le sistema nel “convento” del settimo piano. Dell’immorale ascesa dello zarevich, della cronologia delle sue conquiste, dell’evoluzione della situazione politica newyorkese agli inizi del secolo, delle guerre sotterranee fra Repubblicani e Democratici, non ci viene risparmiato niente. Ma, con Charyn, quel che affascina è innanzitutto lo stile inimitabile, e la lingua irresistibile e piena di vitalità. In breve, se ci si innamora della sua musica, non si può più fare a meno di ascoltarla.

 

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