Sergio Ferrero - La valigia vuota



Sergio Ferrero

La valigia vuota

finalista 1987

Longanesi, 1987

 

Già dai libri precedenti — A moscacieca, Gloria, Il giuoco sul ponte, definito da Pietro Citati «uno dei romanzi più belli e misconosciuti degli ultimi vent'anni» — si intuiva che Sergio Ferrero era dell’esigua schiera dei narratori i cui personaggi e luoghi e situazioni si compongono in una mitologia privata inconfondibile. Con La valigia vuota, il suo mondo trova una definizione anche più lucida e alta. In un villaggio sul mare, dove non si può giungere se non in barca, fuori stagione, arriva un giovane, senza passato e senza status come i personaggi che le fiabe e i romanzi medievali vedono impegnati in prove richieste e talora degradanti. È un dilettante di storia e arte locali, o un cacciatore di scandali deciso a frugare nei fatti allarmanti che la gente del posto vuole ostinatamente sepolti? Non riusciremo a saperlo con esattezza. Ferrero sceglie per sé, con la navigata, ironica innocenza dei classici, la parte del « confidente » nelle tragedie: colui che non sa, o finge di non sapere, le cose magari atroci che avvengono al di sopra della sua testa; colui che non interroga, e si limita ad ascoltare ciò che gli viene detto, ciò che si consente a dirgli. Il risultato apparente è una rappresentazione quasi cordiale: con un gruppetto di personaggi perlomeno singolari, conversazioni piene di sottintesi e di domande, una gita in barca, un incidente che potrebbe essere mortale. Ma intanto, come in un negativo fotografico, ciò che è in luce si carica d'ombra e macchie inquietanti appaiono, combinandosi a formare la mappa, confusa, di un mondo d’orrore che incombe sul paesaggio di mare e di sole, quasi un ectoplasma in attesa di essere evocato. Il protagonista, che sembra convinto che il male si possa dire (forse crede che appartenga, come le streghe del Macbeth, ad « altra regione »), e tenta di materializzarle, ne è inevitabilmente catturato. Ma sarà davvero da scegliere, fra le ipotesi possibili sul suo destino, quella più «nera»? Nessun particolare ci autorizza. La descrizione, l’aristocratica misura di Ferrero vogliono che l’indicibile rimanga tale, anche in chiusura di libro. Solo così il nostro sguardo potrà sopportare di fissare, sinistramente leggera, «la valigia vuota».

 

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