Mario Praz - Il patto col serpente


Mario Praz

Il patto col serpente

Vincitore saggistica 1973

Mondadori, 1973

 

Da quando, nel 1930, è uscito il libro più famoso di Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, l'intuizione critica che lo ispirava è quasi diventata un luogo comune: accade cioè che «chiunque si occupi delle origini della sensibilità moderna ne tiene conto, anche senza aver letto e compreso l'importanza di Praz. È il destino di coloro che hanno ovviamente ragione, ma nulla toglie al fatto che sono pochi i critici cui sia stata concessa un'i­dea così brillante» (Frank Kermode). E una necessaria integrazione di quell'ope­ra capitale è Il patto col serpente, che svela sin dal titolo il suo cuore nero: come nel quadro di Hans Baldung Grien, assunto dallo stesso Praz a emblema del libro, il serpente tentatore è infatti l'immaginazione, che per il tramite di Eva (la sensibilità) corrompe Adamo (la volontà) svelando le zone più inconfessabili dell'ani­ma e dando così libero corso alla malinconia, alla fantasticheria aberrante e mostruosa, alla perversione, alla nevrosi: «Sono effeminato,» si legge nelle Confessioni di un giovane inglese di George Moore «morboso, perverso. Ma soprattutto perverso. Tutto ciò che è perverso mi affascina». Motivi, questi, che dal Romanticismo in poi accomunano un'intera legione di artisti – Füss­li e Poe, i Preraffaelliti, Ruskin e Pater, J.A. Symonds, Vernon Lee e Walter de la Mare, D'Annunzio, Rodin, Proust. Grazie a Praz, al suo inimitabile metodo – fondato sull'e­splorazione ravvicinata e sulla relazione, sulla capacità, cioè, di individuare in un quadro o in un testo un dettaglio e di inserirlo in una rete di rapporti –, alla sua prosa perfetta, li vediamo sfilare sotto i nostri occhi quasi assistessimo, affascinati, «a una serie di entrées in un grande balletto con scene che si susseguono in straordinarie esibizioni» (Giovanni Macchia).

 


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