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# 50
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Hugues Pagan |
L'ingenuità delle opere fallite |
La mort dans une volture solitarie, 1992 |
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Meridiano Zero, 2004 |
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Domenica, ore ventitré. Sessanta minuti all’inizio del turno di notte. Ma la ’Strada’ non aspetta, e all’orecchio dell’ispettore capo Schneider arriva la notizia che Mayer è morto. Potrebbe essere un caso di routine ma Mayer, in quel mondo che comincia a vivere dopo le dieci di sera, era un pesce grosso. Forse il più grosso. Schneider, il solitario lupo grigio che infesta la città, ha la sensazione che quell’indagine possa essergli sottratta. Sono troppi gli interessi in gioco. Bisogna stringere i tempi: una settimana non stop in cui perquisizioni e rilevamenti, arresti e interrogatori si susseguono febbrili. Perché Schneider questo caso lo vuole chiudere. Forse è una delle poche cose che per lui hanno ancora importanza: dietro il nome di Mayer spunta quello di un altro boss, Gallien, e più indietro ancora c’è un ricordo, c’è la storia di una vendetta e di un uomo che ha sprecato la sua grande occasione e al quale non resta via di scampo. Così, sotto un meccanismo poliziesco minuzioso e ben congegnato, i veri protagonisti diventano le anime perdute di una città buia e piovosa. Come il Comandante, reduce dell’Algeria, che vive come un barbone sui tetti della banlieu. O la bella Cherokee, il passato che avrebbe potuto essere, la cui presenza aleggia sulla storia come un fantasma; e Dinah, sinuosa creatura della notte, che indossa il ruolo di femme fatale come uno dei suoi aderentissimi abiti. Con un tono irrimediabilmente francese, Pagan si ricollega ai miti del romanzo nero americano, pur trattando i grandi archetipi del genere con una visione e uno stile del tutto personali; e improvvisa un blues di vite naufragate, che si ripercuote all’infinito sui cerchi "fatti di smog e di volute di nebbia in controtempo" della Città. |
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Hugues Pagan -
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