John Fante - La confraternita del chianti


John Fante

1990

La confraternita del chianti

 The Brotherhood of the Grape, 1977

 

….una sera di settembre la pigra e comoda vita di Henry Molise (alias John Fante), scrittore di successo che vive a Redondo Beach insieme alla moglie (Harriet) e ai due figli (Philip e Dominic), viene scombussolata da una telefonata del fratello Mario che gli annuncia l’imminente divorzio dei loro genitori. Nicholas e Maria Molise sono sposati da cinquantun anni e la loro vita matrimoniale, passata in un’austera casa di San Elmo, è sempre stata molto turbolenta a causa del carattere tirannico e passionale di Nick. Henry decide di intervenire e si imbarca sul primo aereo diretto al suo paese natale. Nel frattempo i suoi genitori si sono riappacificati, ma il suo arrivo non risulta vano, infatti, Nick (primo scalpellino d’America) lo coinvolge in un ardito progetto: la costruzione di un essiccatoio per pelli di cervo in una impervia località a duemila metri di altezza. Nel giro di una settimana il compito verrà portato a termine ma il lavoro risulterà terribilmente impegnativo e faticoso e lascerà delle profonde tracce nella vita dei protagonisti. Il soggiorno a San Elmo di Henry è la picaresca odissea di un uomo che si riappropria del suo passato attraversando il lancinante mondo fantiano fatto di conflitti familiari, riti cattolici, ostilità razziali (in particolare nei confronti dei dago: gli immigrati italiani), fughe, amori e sonore bevute. “La confraternita del Chianti”, pubblicato nel 1977, è una delle più lucide ed appassionanti opere di Fante, un romanzo intriso da forti tratti autobiografici, incentrato sulla figura del padre bersaglio di sentimenti forti e contrastanti: “ …Finiscila, papà, sei sbronzo, non fai che commiserarti e invece dovresti smetterla, non hai alcun diritto di piangere….. Ho bisogno della tua vita, non della tua morte; della tua gioia, non della tua mestizia. E allora piansi anche io in piedi davanti a lui. Presi il suo capo ciondoloni fra le mie braccia e gli asciugai le lacrime con un lembo del lenzuolo….” Un libro assolutamente impedibile, ennesima dimostrazione (citazione d’obbligo per la tetralogia di Arturo Bandini e “Full of life”) delle straordinarie qualità di Jhon Fante capace di scrivere romanzi acri e commoventi: delle appassionanti elegie agli sconfitti che come delle aspre sorsate di vino scendono lentamente bruciando la gola e regalano un estremo inno alla vita e alle sue forti emozioni.

 

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