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Lino Carpinteri & Mariano Faraguna |
1991 |
Serbidiòla: Trieste in rima |
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Quando nelle scuole italiane dell'Austria-Ungheria i ragazzi cantavano in coro l'Inno dell'Impero, il primo verso del testo italiano “Serbi Dio l'Austriaco Regno” – si trasformava in assurdi e compatti gruppi sillabici, nonostante la distesa solennità della musica di Haydn: Seeerbidiòla-Ustriaco-Regno. Da quello snaturante candore infantile, indenne d'ogni tentazione irrispettosa, i triestini adulti erano stati pronti a mutuare un'unica, curiosa parola: Serbidiòla. E quello che seguiva non aveva più importanza... “Co' ierimo putei...”: è questo il più frequente fra gli incipit delle poesie raccolte nel presente volume. In dialetto triestino vale “quando eravamo ragazzi”. Rimanda dunque all'età favolosa in cui la città era ancora il grande porto ed emporio della Mitteleuropa, quando per andare in treno fino a Udine ci voleva il passaporto, “perché el defonto Impero no iera ancora morto". Carpinteri e Faraguna non sono abbastanza vecchi da ricordare quei tempi. Nelle loro irresistibili poesie, nate ascoltando vecchie storie narrate dagli ultimi testimoni della finis Austriae, e cresciute nella consuetudine con un genius loci bizzarro e impertinente e soprattutto ancor oggi vivo e vegeto, sanno tuttavia cogliere l'anima profonda, ancorché sorridente, della vecchia Trieste: un mondo ormai in cenere rievocato con affetto, con una “ironia piena di tenerezza", come ha scritto Natalia Ginzburg, capace di commuovere e di rallegrare. |
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Lino Carpinteri & Mariano Faraguna - Serbidiòla: Trieste in rima
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