Martin Beck – il commissario della polizia di Stoccolma, della serie, creata dalla coppia Sjöwall-Wahlöö, che gli storici del giallo pongono all’origine dell’attuale poliziesco di genere procedurale – è chiamato a indagare sulla scomparsa di un uomo. Alf Matsson è sparito senza lasciare tracce. È, o era, un giornalista di successo: brutto personaggio, alcolista e attaccabrighe, nessuno rimpiangerebbe la sua presenza o si meraviglierebbe che stesse smaltendo la sbornia in qualche tana. Ma il direttore del giornale dove lavora minaccia un caso internazionale perché l’ultima volta è stato localizzato a Budapest, oltrecortina, ed è lì che Matsson sembra essere svanito. Perciò Beck è convocato in via riservata proprio mentre è in procinto di partire per le vacanze estive, per raggiungere moglie e figli. Il commissario, che rifiuta per metodo ogni ipotesi preconcetta e ogni partito preso, segue due piste diverse e successive, serpeggianti dentro il sottomondo frequentato dal giornalista (un gruppo di colleghi compagni di bevute e fracassoni, e un terzetto equivoco di trafficanti), prima a Budapest e poi di ritorno in Svezia. Si lascia prendere dalla solita routine del suo metodico lavoro di squadra, con un poliziotto ungherese, Vilmos Szluka, con cui scatta una silenziosa simpatia, e con il collega e amico fraterno Kollberg, intelligente ipercritico e lamentoso. Alla fine è la cura dei dettagli, il passare e ripassare i particolari, a farlo inciampare nell’indizio che smentisce tutti gli altri e guida a una soluzione, sul caso dell’uomo in fumo, come sempre, tutt’altro che romantica o clamorosa. In questo paziente procedere, attraverso piccole rivelazioni che si allineano in fila regolare fino alla rivelazione finale, i due autori lo seguono passo passo, nel loro stile che ha fatto scuola, costituito da un’attenzione politicamente orientata per la vita sociale dei criminali e da una curiosità archivistica per le biografie personali dei poliziotti. Uno stile che i lettori che già conoscono la serie di Beck sanno diretto da due scopi narrativi: rappresentare in modo molto realistico come si svolge un’indagine di polizia, e scavare nelle vere cause sociali di quella particolare forma di infelicità che si chiama delitto.
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