«Il tuo problema, Martin, è che fai il lavoro sbagliato. Nel momento sbagliato. Dalla parte sbagliata del mondo. Nel sistema sbagliato» è la frase finale di quest’ultimo romanzo che conclude la saga poliziesca di Martin Beck e della sua squadra di investigatori sulle strade di Stoccolma. E, detta dall’amico leale Kollberg che si è ritirato disgustato dalla polizia, suona simile a un’epigrafe generale di tutte le loro avventure. I dieci «romanzi su un crimine» della coppia Sjöwall e Wahlöö intendevano, infatti, mostrare come vanno le vere indagini di polizia nella società impastata di ingiustizia: quando il successo del poliziotto migliore, che svela le circostanze e le cause reali, coincide sempre, inevitabile, con il suo stesso fallimento morale. In "Terroristi" tutti questi motivi diversi – l’avventura, la denuncia sociale, l’inquietudine morale, una certa satira di costume dei potenti – risaltano in esplicito rilievo. Giunto all’apice della carriera, Martin Beck deve affrontare, di fatto contemporaneamente, più casi insieme. L’omicidio di un regista pornografico e imprenditore del vizio. Una strana rapina commessa, a detta dello sbrigativo procuratore, da una ragazza madre fuoriuscita da un mondo incantato. E infine, vicenda principale, l’attentato terroristico progettato contro un potente senatore americano in visita. Come negli altri romanzi della serie, la vicenda inquadra, uno o due protagonisti principali accanto al capo Martin Beck. La ribalta è di Gunvald Larsson, un gigante biondo di due metri, dai modi liberi e arroganti del rampollo di famiglia privilegiata, il quale vuol farsi perdonare le sue origini socialmente dorate. Lo ispira un desiderio di giustizia di specie quasi angelica. Su di lui si catalizza lo stress della caccia al killer e al ticchettio della sua bomba. Una corsa contro il tempo ad altissima tensione, accentuata dal contrasto, sullo sfondo, con il ritmo placido dell’ordinaria ingiustizia che mastica innocenti colpevoli.
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