Augusto De Angelis - Giobbe Tuama & C.


 


Augusto De Angelis

Giobbe Tuama & C.

Serie Carlo de Vincenzi

# 3

 

Sellerio, 2008

 

Milano 1934, Fiera del Libro. Nel fervore mondano e consumistico della capitale letteraria, tra smunti intellettuali, vanitosi scrittori di cassetta e giovinette in cerca di visibilità, piomba il dramma. Sotto un bancone è trovato il cadavere, composto «come un fantoccio mostruoso» di uno strano personaggio: si chiama Giobbe Tuama, ma è conosciuto anche con un altro nome, forse non suo, Jeremiah Shanahan; è un americano, ma vive in Italia da gran tempo; ufficialmente è il seguace di una chiesa evangelica e fa propaganda di Bibbie, ma è anche un maligno usuraio. Poco prima di morire è stato protagonista in un parco di un grottesco episodio; e di notte ha incontrato un misterioso emissario, un danese che lo cercava da decenni. Il suo strangolamento non è l’unico delitto su cui il Commissario De Vincenzi, malinconico e colto poeta, è chiamato a indagare. Poco dopo un altro straniero è trovato ucciso in modo inquietante e simbolico. Tutto porta al settarismo di una conventicola di stranieri che covano odio e vendetta per ragioni lontane nel tempo. I delitti raccontati dal grande De Angelis negli anni Trenta, sono immersi in un profumo esotico e straniero. Era la regola obbligata per esorcizzare il disordine del «giallo», genere malconsiderato sotto il fascismo. Ma lui, spirito irrequieto, non fascista, innovatore, vi aggiungeva tutte quelle novità che fanno dei suoi romanzi dei classici imprescindibili. Nel mezzo della moda imperante del romanzo-enigma, ripetizione di modelli anglosassoni, i gialli di De Angelis sono inchieste condotte da un investigatore non prono sugli indizi materiali, ma al contrario interprete delle atmosfere e soprattutto della psicologia degli attori del crimine. De Vincenzi non è il solito manichino pretenzioso e saccente, ma un personaggio compiuto, un uomo solitario e scettico, dalla sensibilità inquieta, dotato di un intelletto riflessivo e sottile in un’epoca in cui si vantavano roboanti «virtù» e passioni «guerriere». In quella Milano anni Trenta, ritratta con amore meticoloso, il personaggio di De Vincenzi pare acquisire così un ruolo di critico distacco.

 

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