Le date dei romanzi polizieschi di Augusto De Angelis, dal ’35 al ’44, cadono tutte in un’epoca che non amava il giallo. Genere «tecnico» di narrazione, manovrabile a piacimento, vi si potevano imporre regole restrittive senza tanto intaccarne «l’arte»: per esempio, come fece il Minculpop, si potevano richiedere ambienti esotici, protagonisti stranieri o in qualche modo già segnati dal vizio, trionfo immancabile della giustizia, infallibilità dell’investigatore. Regole alle quali De Angelis si atteneva senza sforzo, perché padrone assoluto del mestiere. Ma più che piegarsi, si capisce che vi adattava il suo straordinario talento letterario, sicché il prodotto finale è lontanissimo per qualità a quelli suoi contemporanei, che portano l’aroma inconfondibile della imitazione mal riuscita. Tanto da poter dire che con De Angelis siamo nella prima fucina del «giallo all’italiana», alle prime anticipazioni di quel fenomeno letterario che esploderà in tutto il suo fulgore negli anni del boom economico, così lontani da lui. E lo si vede prima di tutto nella scelta del protagonista fisso delle sue avventure, De Vincenzi, commissario, degli uffici tra Roma e Milano, ma colto, pensoso, incline a una qualche forma di malinconia dalle origini enigmatiche, prototipo dell’«umanesimo» che caratterizza tanti investigatori all’italiana. E dall’andamento sinuoso, liquido quasi delle sue storie, che si complicano infiltrandosi in ogni spazio possibile, degli ambienti, della psicologia dei personaggi, del tempo narrativo, ad anticipare ancora una volta la cura della scenografia propria della scuola italiana. E infine lo si vede dal sapore teatrale della sua organizzazione narrativa: «teatro in giallo» è stato definito il suo lavoro, che porta il gusto di commedia così caratteristico dei suoi successori. Il mistero di Cinecittà, il terzo romanzo pubblicato da questa casa editrice, capolavoro del genere, «è soffusamente erotico», come dice nella sua Nota Beppe Benvenuto, «quasi un testo da precursore: storia di delitti in serie, ossessivi, da serial killer». |
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