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William Burroughs |
Il pasto nudo |
Naked Lunch, 1959 |
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Adelphi, 2001 |
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Con questo romanzo William Burroughs rivelò di essere – nelle parole di Norman Mailer – «l’unico romanziere americano vivente a cui si possa plausibilmente attribuire genio». Qui per la prima volta, in anni (era il 1959) in cui questi temi e queste realtà venivano generalmente sottaciuti, Burroughs ci offre il racconto allucinato dell’inferno di un tossico. Lacerato tra la necessità impellente della «roba» e il richiamo molesto della carne, braccato da poliziotti e spacciatori, Lee, il suo Doppio, trascorre le giornate in sordidi luoghi pervasi dai miasmi del corpo e dalle fobie della mente. Scavando nelle proprie ferite con l’acume della paranoia e un’acrobatica inventiva stilistica, Burroughs tratteggia, sfrontato e perentorio, un ritratto dell’America all’acido fenico, un ritratto cui la vita quotidiana – oltre che il cinema e la letteratura dell’orrore – ha tentato con gli anni di adeguarsi. L’America di Burroughs è schiava dell’«algebra del bisogno», dominata da una inveterata forma di «dipendenza» che affonda le radici nei tessuti di corpi fantasmatici e nelle cellule di cervelli in sfacelo. Pasto nudo è la prima mappa di questa nuova terra in continua espansione. |
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William Burroughs - Il pasto nudo
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