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# 37 |
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Derek Raymond |
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Il museo dell'inferno |
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Dead Man Upright, 1993 |
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serie Factory |
# 5 |
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Meridiano Zero, 2002 |
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"La mia esperienza delle donne, della bellezza, è troppo intensa per essere fatta direttamente; devo dissezionare e assorbire. Per fare quello che devo, la bellezza deve essere inerte." Ronald Jidney dà forma alle sue teorie estetiche martoriando e uccidendo con dedizione totale le sue vittime, scomponendo e ricomponendo i loro corpi come un artista fa con la materia, per affermarsi contro quella vita che l’ha maltrattato, nella certezza che "l’unico modo di scampare all’inferno, è diventarlo". Il Sergente della A14, sezione Omicidi Irrisolti, questa volta si trova proiettato in un’indagine quasi per caso: un ex collega insospettito dal comportamento di un vicino di poche parole, una serie di donne apparentemente scomparse, un’identità celata sotto nomi differenti. Uno stuolo di esistenze, avvolte da una patina di normalità quotidiana così densa da poter diventare il miglior nascondiglio per l’orrore. Emergono a poco a poco i particolari di un quadro terribile e angosciante, del quale fino all’ultimo nessuno sembra rendersi conto. Raymond, nel quinto romanzo della serie della Factory, ci conduce come una guida solerte per i corridoi di questo Museo dell’inferno, e la visita prende la forma di una discesa negli abissi dell’uomo, di un’esplorazione delle oscurità della mente omicida: ma, attraverso lo sguardo lucido, impietoso dell’autore, ogni follia sembra sgretolarsi e dissolversi, per lasciare in piedi soltanto l’abbagliante evidenza del male. "La mia esperienza delle donne, della bellezza, è troppo intensa per essere fatta direttamente; devo dissezionare e assorbire. Per fare quello che devo, la bellezza deve essere inerte." |
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Derek Raymond - Il museo dell'inferno
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