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Virgilio Scapin |
La giostra degli arcangeli |
Finalista narrativa italiana 1984 |
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Longanesi, 1983 |
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Se è ancora vivo il paese di Breganze (un paese diviso tra l'essere « un santo alveare con tante api operaie... » O « un pascolo di morte... luogo di dottrine e di predicazioni anticristiane e antisociali »), vivo deve essere il romanzo che lo completi. Virgilio Scapin è da un ventennio, con fedeltà e con bravura compenetrate, il narratore di questo posto: di un sito, proprio nella vocazione e tradizione dei veneti migliori, da Ippolito Nievo a Meneghello. E come loro, Scapin non è scrittore di genere, ma di autentica qualità storico-letteraria; provinciale non per timidezza e per rinuncia, ma per necessaria misura di giudizio e di lingua. Anche in questo La giostra degli arcangeli egli insegue narrativamente la conoscenza del «suo luogo», senza ripeterne per cronaca o fabula le scene straordinarie quanto fisse della rappresentazione convenuta e conveniente; ma distinguendone e congiungendone ogni moto con quello letterario e facendone lievitare ragioni ed espressioni nella coscienza della lingua. La vicenda di questo bel romanzo ha una ampiezza storica, lungo i decenni successivi all'unità del regno d'Italia, dentro una provincia catturata ma non convinta, offesa più ancora che sconvolta nella sua attonita coscienza cattolica, stratificata secondo la fatale spiritualità e temporalità dei poteri, dove i contadini, come massa informe e dolente, vengono spinti da una parte dalle prediche e dalle le minacce dei preti e dall'altra dalle lusinghe e dagli istituti dei padroni liberali. Scapin riesce a far andare veloce e alta sopra tutto il posto la « Giostra » per lo stimolo del suo disincanto civile, per l'eccitazione della sua irriverente sfida letteraria e anche per l'amara ironia di chi, non tanto prima, condivideva quelle credenze, colpe, speranze che adesso svela e trapassa. Paolo Volponi |
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Virgilio Scapin - La giostra degli arcangeli
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